Il fallimento del Web secondo il fondatore di Twitter

Evan Williams, fondatore di Twitter, ha dichiarato al New York Times che Internet non funziona più e che dare la parola a tutti non è stata una buona idea.

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a cura di Alessandro Crea

E ora come si fa? Internet sarebbe un'invenzione pensata male sin dall'inizio. L'ha detto in un'intervista al New York Times uno che non è proprio l'ultimo arrivato, Evan Williams, fondatore di Twitter. Ma come si fa a correggere un media, dopo averlo fatto diventare il più diffuso, pervasivo e influente del pianeta?

"Internet non funziona più. Un tempo pensavo che, se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi liberamente e scambiarsi idee e informazioni, il mondo sarebbe diventato automaticamente un posto migliore. Mi sbagliavo". Una convinzione che Williams cova da anni ma che si sta facendo via via più concreta osservando la deriva che stanno prendendo i social, in balia di fake news, hate speech e bullismo.

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Evan Williams

Capiamoci bene: le bufale, così come gli altri due fenomeni, non sono connaturati al Web, sono manifestazioni deleterie dell'imperfetta natura umana e sociale. Il problema, come detto poco più su, è che Internet è il media più grande e importante del nostro tempo e ciò che veicola lo diffonde con una rapidità e una capacità di penetrazione sconosciuta a qualsiasi altro mezzo di informazione e comunicazione. E questo fa sì che il problema della circolazione di bufale o atti di violenza sul Web sia più grave che in TV o sui giornali, dove pure non mancano.

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Del resto già di recente presso l'Università del Nebraska, aveva espresso giudizi simili: "La Silicon Valley si percepisce come Prometeo, che ha rubato il fuoco agli Dei e lo ha consegnato ai mortali. Quel che tendiamo a dimenticare è che Zeus se la prese così tanto con Prometeo che lo incatenò a una roccia, così che gli uccelli potessero mangiarne le viscere in eterno. Qualcuno potrebbe ora dire che è quello che ci meriteremmo, per aver consegnato a Trump il potere dei tweet".

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Secondo Williams il problema starebbe nel meccanismo originario: "Internet premia gli estremi. Se vedi un incidente mentre stai guidando, ovviamente lo osservi: e tutti, intorno a te, lo fanno. Internet interpreta un comportamento simile come il fatto che tutti vogliano vedere incidenti: e fa in modo che gli vengano forniti. Il problema è che non tutti siamo persone perbene. Gli umani sono umani. Non è un caso che sulle porte delle nostre case ci siano serrature. E invece, Internet è iniziato senza pensare che avremmo dovuto replicare questo schema, online. I sistemi basati sulla pubblicità premiano inevitabilmente l'attenzione di molti utenti. Non possono premiare la risposta corretta. I sistemi pagati dai consumatori, invece, possono premiare il valore di un contenuto. La soluzione è una sola: le persone dovranno pagare per contenuti di qualità".

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Sicuramente eliminare le inserzioni pubblicitarie sostituendole con un abbonamento sarebbe un buon modo per responsabilizzare i fruitori ma non ci sembra che il provvedimento, da solo sia sufficiente. Giacché il Web si fonda sulle cosiddette "echo chambers", camere di risonanza in cui ciascuno ascolta solo quello che gli pare per rafforzare le convinzioni che già possiede, il meccanismo suggerito da Williams andrebbe addirittura a rafforzare tale approccio, pur garantendo sicuramente una diminuzione della circolazione di fake news.

The Internet is BROKEN Urgle

Il problema è che bisognerebbe mettere in discussione proprio il concetto di formazione e circolazione del sapere sul Web. Internet per migliorare dovrebbe riuscire a replicare la struttura che la conoscenza aveva assunto nel mondo reale prima di queste polarizzazioni eccessive. Perché il vero sapere si costruisce attraverso il dibattito e la discussione non pregiudiziale di punti di vista differenti.


Tom's Consiglia

Il tema della costruzione e diffusione del sapere sul Web è molto complesso. Un buon punto di partenza potrebbe essere Comunicazione e Potere di Manuel Castells, uno dei più improtanti studiosi del media.