Il Fisco danese vuole 777 milioni di euro da Microsoft

Il Fisco danese reclama le tasse e gli interessi che Microsoft avrebbe dovuto pagare per l'acquisto della software house Navision. Si tratta di un'operazione del 2002 che forse solo oggi è chiara nei meccanismi fiscali.

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a cura di Dario D'Elia

Il Fisco danese si aspetta da Microsoft almeno 5,8 miliardi di corone (777 milioni di euro) per tasse non pagate. L'indiscrezione è stata riportata dal sito ufficiale di Danmarks Radio, la radio/TV pubblica nazionale. L'ammanco deriverebbe dall'operazione di acquisto di Navision, avvenuta nel luglio 2002. Ai tempi il colosso statunitense spese circa 1,3 miliardi di dollari per la piccola software house per potenziare la nuova divisione Microsoft Business Solutions (oggi Dynamics NAV).

Il consulente fiscale di Microsoft si prende una pausa

Il problema è che secondo gli esattori, Microsoft subito dopo la transazione cedette i diritti di ogni applicazione alla sua sussidiaria irlandese a un prezzo troppo basso. In questo modo fu possibile trasferire gli asset fuori dalla Danimarca, notoriamente cara per imposizione fiscale, eludendo il dovuto. Senza contare l'ulteriore passaggio alle sussidiarie delle Bermuda e Isole Vergini dove infine vengono calcolati i profitti.

Insomma, il Fisco danese reclama le tasse e gli interessi che Microsoft avrebbe dovuto pagare sull'operazione. Le trattative per individuare un accordo sono già state avviate, e la sensazione è che il colosso statunitense punti a un compromesso invece che a una vera e propria battaglia in sede legale.

Resta il fatto che il vento in Europa pare ormai essere cambiato, dopo la scoperta degli escamotage fiscali chiamati "sandwich olandese" e "raddoppio irlandese". Nel Regno Unito è finita nel mirino Amazon, mentre in Francia la battaglia è con Google, Facebook ed eBay. Il Fisco francese comunque è il più agguerrito, perché qualche settimana fa anche Linkedin ha subito la visita degli  agenti tributari.

I meccanismi di elusione sono risaputi, e persino il Subcommittee on Investigations del Senato statunitense ha fatto chiarezza sul sistema