Il messaggio

La fantascienza dovrebbe essere un genere aperto alle novità e alle differenze ma non è sempre così. Ed ecco perché a quasi quarant'anni dalla sua pubblicazione Wild Seed di Octavia Butler è ancora un faro di novità nella letteratura fantastica.

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a cura di Tom's Hardware

Le caratteristiche fin qui illustrate rendono Wild Seed un romanzo di pura fantascienza sociale, sia perché posto nel contesto della sua saga, sia perché dotato dello sguardo peculiare del genere che traspone la visione di una società in un'allegoria fantastica, allo scopo di trasmettere al lettore una critica, e il messaggio: non dovrebbe andare così.

Lo stile di Octavia Butler conferma la forza del suo messaggio: semplice, immediato, narra con naturalezza un susseguirsi di difficoltà e colpi di scena, e costruisce dialoghi pieni di tensione, che ben rappresentano la relazione tra Doro, il terrificante body snatcher saccheggiatore, e Anyanwu, la guaritrice immortale shape shifter capace di amare gli altri nonostante debba perderli.

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"Wild Seed", dell'artista afro Odera Igbokwe

La sopraffazione, come ho accennato in apertura, è il nucleo del romanzo. Una sopraffazione individuale, di Doro sulla protagonista. Ma anche una sopraffazione sociale, quella delle comunità contro i diversi e quella tra diversi con differenti poteri. Una sopraffazione politica e storica: la vergogna del colonialismo schiavista. Una sopraffazione di genere: dove un maschile rapace, produttore di figli, ne ricatta le nutrici. In ultimo, una sopraffazione reale: quella di uno stato di cose che ci espone alla perdita, al lutto, allo stupro, alla violenza. A volte la dobbiamo subire. Ma possiamo almeno scegliere di non accettarla, di respingerla, di tentare di eluderla, invece di considerarla normale e diventare aguzzini a nostra volta.

"Spesso si pensa alla fantasia come frivola, indulgente, egoista. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Octavia Butler ci ha presentato una sfida [...]: siamo abbastanza coraggiosi per affrontare la realtà del mondo in cui viviamo? Possiamo far crescere sogni da tale realtà, come fiori selvatici fra le crepe dei marciapiedi? Siamo forti abbastanza per rendere reali quei sogni?"

Walidah Imarisha, attivista, storica, docente e scrittrice, tradotta da Maria G. Di Rienzo, nel post La prole di Octavia - Lunanuvola's blog]

Non dovrebbe andare così. È un messaggio del romanzo, e di molte altre opere di Octavia Butler: una scrittrice pluripremiata, che fu orfana povera e dislessica, e poi mentoressa e insegnante generosa; madre dell'afrofuturismo e anticipatrice del crossover tra i generi, e narratrice di grande talento, dalla quale possiamo ancora imparare tanto.

Giulia Abbate

Editor e coach di scrittura, Giulia è cofondatrice di Studio83 - servizi letterari, dal 2007 specializzata nel sostegno agli autori esordienti.

Ha esordito nel 2011 con Lezioni sul domani, antologia di racconti di fantascienza, al quale è seguito il romanzo ucronico Nelson (Delos Digital, 2015) e l'antologia SF Stelle Umane (self, 2016). Ha pubblicato racconti apparsi in antologie collettive (RiLL, Crisis, Canti d'abisso, Terra promessa, Occhi di Tenebra, La cattiva strada, Le Variazioni Gernsback, Urania, Oltre Venere, Sarà sempre guerra e altre).

Nata a Roma nel 1983, dal 2004 vive a Milano. Ha due figlie. Il suo sito personale è giulia-abbate.it

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Retrocult è la rubrica di Tom's Hardware dedicata alla Fantascienza e al Fantastico del passato. C'è un'opera precedente al 2010 che vorresti vedere in questa serie di articoli? Faccelo sapere nei commenti oppure scrivi a retrocult@tomshw.it.

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