Il microchip in molibdenite che abbatterà i consumi dei PC

La molibdenite si candida come materiale per sostituire il silicio che compone i microprocessori. Caratteristiche migliori ne fanno un possibile avversario del grafene per l'uso nell'elettronica del futuro.

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a cura di Manolo De Agostini

Creato il primo microchip in molibdenite, un materiale che secondo gli studiosi europei potrebbe essere un'alternativa all'ormai famoso grafene nella lotta per sostituire il silicio come materiale dei processori del futuro.

Gli scienziati dell'EPFL (Ecole Polytechnique Federale de Lausanne) avevano parlato di questo minerale lo scorso febbraio (Molibdenite per il futuro dei PC, meglio del grafene) illustrandone le grandi proprietà elettriche. A pochi mesi di distanza sono passati dalle parole ai fatti, realizzando un chip che dimostra come la molibdenite permetta di superare i limiti del silicio quanto a miniaturizzazione, consumi energetici e flessibilità meccanica (si può allungare del 10%).

"Abbiamo realizzato un prototipo iniziale, inserendo da due a sei transistor seriali e mostrando che è possibile eseguire operazioni logiche binarie di base", ha dichiarato Andras Kis, direttore del LANES (Laboratory of Nanoscale Electronics and Structures).

La molibdenite, o disolfuro di molibdeno (MoS2), è un minerale abbondante in natura. In Italia ci sono diversi giacimenti, ad esempio in Sardegna o in provincia di Varese. A febbraio i ricercatori avevano scoperto che la molibdenite è un eccellente semiconduttore grazie a un gap di 1,8 elettron-volt.

"Il principale vantaggio della molibdenite è che permette di ridurre la dimensione dei transistor consentendo un'ulteriore miniaturizzazione. A oggi non è possibile realizzare strati di silicio con uno spessore inferiore ai 2 nanometri. La molibdenite, invece, permette di essere lavorata in strati con uno spessore di solo tre atomi, conservando stabilità e capacità di condurre energia elettrica".

Struttura della molibdenite

I transistor creati con questo materiale sono anche più efficienti, perché possono accendersi e spegnersi (on/off) molto più rapidamente, entrando in standby in modo più profondo. La struttura 2D del materiale potrebbe consentire una riduzione dei consumi in standby di 100 mila volte rispetto ai transistor tradizionali.

La molibdenite, infine, è alla pari del silicio quanto a capacità di amplificare i segnali elettronici, con un'uscita quattro volte più forte rispetto ai segnali in ingresso. Questo dimostra che "c'è il potenziale per creare chip più complessi", ha dichiarato il dottor Kis. "Con il grafene, ad esempio, questa ampiezza è pari a circa uno. Sotto quella soglia, la tensione in uscita sarebbe insufficiente per alimentare un secondo chip simile".

Per i motivi descritti la molibdenite potrebbe essere una soluzione da non scartare per il dopo silicio, anche se la sperimentazione sul grafene va avanti da diverso tempo. Va ricordato però che lo studio della molibdenite è appena iniziato.

Il grafene non è disponibile in natura (è formato da uno strato di atomi di carbonio altamente legati e disposti in ordine esagonale) e si ottiene mediante un costoso processo di produzione. Gli studi però stanno facendo passi da gigante. Questo materiale è sprovvisto band gap, anche se in laboratorio diversi ricercatori, tra cui quelli di IBM, stanno lavorando per crearlo con promettenti risultati.

"In fisica la teoria della banda è un modo di rappresentare l'energia degli elettroni in un dato materiale. Nei semiconduttori, tra queste bande esistono spazi liberi da elettroni, chiamati band gap. Se il gap non è troppo piccolo o troppo ampio, alcuni elettroni possono saltare attraverso il gap. Offre così un livello di controllo maggiore sul comportamento elettrico del materiale, il quale può essere acceso e spento facilmente", dichiarava Andras Kis lo scorso febbraio.