Il Pirate Party italiano è uno solo: il furbetto la paga cara

Il tribunale di Milano ha respinto il ricorso di Pirate Party alla sentenza dello scorso 3 aprile e conferma: l'associazione di Marco Marsili deve cambiare nome e bandiera. Arrivano anche le multe.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Confermata la prima sentenza del Tribunale di Milano: di Partito Pirata in Italia ce n'è uno solo ed è quello guidato da Athos Gualazzi, con il logo della vela rigonfia verso destra, all'interno di un cerchio. Pirate Party deve usare un logo differente, pena una multa di 500 euro "per ogni violazione eventualmente contestata dopo la decorrenza del termine di 15 giorni dalla notificazione del presente provvedimento" e di 200 euro per ogni giorno nel ritardo dell'applicazione della sentenza.

Il Partito Pirata italiano è l'unico a poter usare il logo con la vela  rigonfia a destra

Così ha deliberato il collegio riunito dei giudici nella giornata di ieri, che ha imposto a Pirate Party e al suo promotore Marco Marsili il pagamento di ulteriori 4500 euro per le spese processuali.

È la seconda volta che il foro di Milano si deve occupare della vicenda di Partito Pirata italiano contro Pitare Party: sull'onda dei successi dei partiti pirata svedesi e tedeschi in Italia erano nate due rappresentanze dal nome simile ma con una differenza sostanziale di base: il Partito Pirata di Athos Gualazzi è una formazione costituitasi nel 2006, mentre il PirateParty di Marsili e Max Loda era stato costituito nel 2011 con una denominazione analoga e con lo stesso simbolo. Il primo era concentrato più o meno sulle stesse battaglie che si vedono all'estero, il secondo una specie di movimento populista anti-casta.

Non sono ammesse imitazioni

Un'ordinanza del 3 aprile scorso del tribunale meneghino aveva stabilito che "allo stato attuale degli atti è verosimile che la ricorrente (il Partito Pirata, NdR.) stia subendo una indebita utilizzazione del proprio nome e, più in generale, una lesione della propria identità personale. L'identità della denominazione è del tutto evidente e sussiste una oggettiva rassomiglianza anche con riferimento alla dicitura in lingua inglese".

Marsili aveva presentato ricorso e ieri è arrivata la sentenza definitiva: il tribunale ha confermato la prima sentenza e condannato Marsili per "lesione dell'identità dell'associazione Partito Pirata". Meglio evitare nuove schermaglie perché le multe potrebbero costare davvero troppi dobloni.