Il primo motore per nanobot è europeo

Di nanotecnologie si parla da diverso tempo: i microscopici robot un giorno potranno entrare anche nelle singole cellule per risolvere problemi e malattie, ma come farli muovere? Probabilmente col microscopico motore messo a punto presso l’Università di Cambridge.

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a cura di Alessandro Crea

All’Università di Cambridge un gruppo di ricercatori capitanato dal professor Jeremy Baumberg ha messo a punto un rivoluzionario “motore” microscopico, grande appena qualche milionesimo di metro e chiamato Little Ant, piccola formica, che potrà essere impiegato per far muovere i nano-robot.

Di nanotecnologie infatti si parla ormai da tempo: l’impiego di macchine di dimensioni infinitesimali consentirà di curare malattie gravi, dal tumore alle sindromi degenerative di tipo genetico, ma prima era necessario capire come far muovere questi nanobot all’interno delle cellule.  

La soluzione trovata dal team di Cambridge come sempre è tanto semplice quanto geniale e sostanzialmente replica una molla, però su scala particellare.

nanotech

Come una molla infatti anche Little Ant sfrutta l’energia elastica e lo fa con un’efficienza mai vista, di diversi ordini di grandezza superiore a quella di qualsiasi muscolo o motore. In pratica gli scienziati inglesi hanno messo a punto un polimero elastico in forma di gel, al cui interno ci sono centinaia di particelle d’oro, tutte con la stessa polarità, così da respingersi.

Il polimero però, se riscaldato a una certa temperatura tramite un laser, espelle l’acqua dalla struttura gel e si restringe in una frazione di secondo, costringendo le particelle d’oro a compattarsi in strutture molto strette. Raffreddandosi invece il gel assorbe nuovamente molecole d’acqua e così torna a gonfiarsi. In questo modo le particelle d’oro al suo interno si allontanano le une dalle altre in maniera velocissima e violenta, liberando tantissima energia elastica. Little Ant inoltre è anche bio-compatibile, poco costoso da produrre, veloce nella risosta ed energicamente efficiente.

Ora il team di sviluppo sta collaborando con Cambridge Enterprise, il braccio commerciale dell'Università, e con molte altre aziende con l'obiettivo di rendere disponibile sul mercato questa tecnologia.

La ricerca è finanziata in parte dai fondi investiti dall’EPSRC (UK Engineering and Physical Sciences Research Council) nel Cambridge NanoPhotonics Centre e in parte da fondi provenienti dal Consiglio Europeo della Ricerca (ECR), ma al momento la timeline di sviluppo non è nota.