In Giappone hanno scoperto come manipolare i nostri pensieri

Alcuni ricercatori nipponici hanno eseguito un interessante esperimento in cui sono riusciti a manipolare i pensieri di alcune persone "costringendole" a percepire dei colori in maniera differente da come sono in realtà, sfruttando dei semplici meccanismi di neurofeedback.

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a cura di Alessandro Crea

Takeo Watanabe della Brown University, in collaborazione con altri ricercatori dell'Advanced Telecommunications Research Institute in Giappone, ha messo a punto una tecnica, chiamata Associative Decoded fMRI Neurofeedback, che consente una rudimentale manipolazione di pensieri e ricordi delle persone.

I soggetti dell'esperimento sono stati collegati a una macchina fMRI per la risonanza magnetica funzionale, che in pratica esegue una scansione in tempo reale del cervello, fornendo un feedback sull'attività cerebrale durante lo svolgimento di alcune attività.

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In particolare essi dovevano guardare una griglia a fasce bianche e nere, immaginando di eliminare quelle verticali. Non era stata fornita loro nessuna spiegazione su come fare, veniva solo richiesto di "regolare in qualche modo la propria attività cerebrale". Alla fine dell'esperimento, ripetuto oltre 500 volte per ciascun partecipante, si assegnava un punteggio in base al risultato raggiunto.

In realtà però il punteggio più elevato era assegnato ai soggetti la cui attività cerebrale attivava più spesso l'area cerebrale che regola la visualizzazione del colore rosso. In questo modo, inconsciamente, i ricercatori sono riusciti a forzare una connessione tra la griglia e il colore rosso.

Il risultato è stato che, mostrando ai partecipanti griglie di vari colori, la maggior parte di quelli che aveva ottenuto i risultati migliori era più incline a vederle di colore rosso anche se in realtà non lo erano affatto. La cosa ancora più incredibile è che l'effetto era ancora attivo a 5 mesi di distanza dall'esperimento.  

Non siamo ancora ai livelli sofisticati descritti in Ricordiamo per voi di Philip K. Dick o in Inception di Christopher Nolan, ma potrebbe essere un inizio, e sinceramente non saprei dire se di qualcosa di buono o meno. Secondo Watanabe infatti la tecnica potrebbe in futuro essere utilizzata per aiutare le persone a creare nuove connessioni indebolendone o eliminandone altre, ad esempio per combattere depressione e autismo. Ma da qui alla nascita di aziende commerciali che ci cancellano selettivamente i ricordi su richiesta come in Se mi lasci ti cancello, il passo non è un po' troppo breve?