ISIS: chi lavora a Twitter dovrebbe essere assassinato

Chi lavora a Twitter dovrebbe essere assassinato: l'ISIS non gradisce l'oscuramento dei messaggi di morte.

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a cura di Elena Re Garbagnati

L'ISIS minaccia di morte dirigenti e dipendenti di Twitter. Il social network si conferma una volta di più una delle più potenti armi politiche, e dopo avere avuto un ruolo fondamentale nella Primavera Araba, nella propaganda antigovernativa turca, adesso è in ballo nella contrapposizione alla propaganda dell'ISIS.

Questa volta però la battaglia si gioca al contrario: non sono i dissidenti a usare il canale social per attirare l'attenzione, ma i capi dei sanguinari tagliagole sunniti dello Stato Islamico che vogliono usare anche gli strumenti moderni come arma di propaganda e del terrore.

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Twitter però non ci sta, e come rivelato dall'amministatore delegato Dick Costolo, ha deciso di chiudere regolarmente tutti gli account che l'organizzazione usa per comunicare le sue notizie. Il colosso statunitense del microblogging quindi si è schierato, è sceso in campo a modo suo in appoggio all'amministrazione Obama e ai molti Paesi che hanno deciso di combattere quella che viene considerata come una delle maggiori minacce globali.

Una posizione che non è stata gradita, e anche se la battaglia di Twitter è solo digitale la reazione è stata la stessa minaccia di sempre: la morte. Costolo infatti ha spiegato, in occasione di un convegno sui nuovi mezzi di comunicazione: "dopo che abbiamo cominciato a sospendere i loro account, alcune persone affiliate all'organizzazione hanno utilizzato il social network per dichiarare che gli impiegati di Twitter e i loro dirigenti dovrebbero essere assassinati".?

Di solito quando ci sono in ballo i social network si discetta di censura e di libertà di espressione. In questo caso la sfumatura è differente, visto che i cronisti sono proprio le vittime in prima linea della politica sanguinaria dell'ISIS, e che la reazione minacciosa non è a difesa della libertà di stampa. Cioè tutto il contrario.

In quest'ottica la mossa dei dirigenti di Twitter e la reazione rabbiosa che ha provocato rivela un punto debole dei jihadisti: la diffusione dei loro video costituisce una parte vitale del loro modus operandi. Oscurando i loro account sui social (Twitter ma anche Facebook e YouTube) li si mette con le spalle al muro.

Da settimane ormai non passa giorno senza che l'ISIS diffonda sui social gli slogan di vittoria e le foto dei morti, ed è di ieri un'immagine pubblicata sulla rivista online Dabiq in cui la bandiera nera dell'ISIS sventola su San Pietro, con il titolo "Crociata fallita". Chi li oscura fa censura? Parliamone.