Italiani ignoranti: non sappiamo leggere né far di conto

L'ultimo rapporto OCSE mette in luce la situazione degli italiani, impreparati in ogni campo.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Gli italiani non sanno praticamente leggere né far di conto, secondo gli impietosi risultati dell'ultimo rapporto OCSE (qui il PDF). Non si tratta ovviamente di saper riconoscere una parola da un'altra, o di dire quanto fa 2+2, ma di abilità (calcolo e comprensione del testo) ritenute essenziali per interagire in modo efficace nei contesti di vita e di lavoro.

Il 70% degli italiani ha capacità insufficienti per vivere e lavorare nel 21esimo secolo. "Queste persone, nel migliore dei casi, sono in grado di leggere solo testi relativamente brevi per cogliere un'informazione che contengono, comprendere un vocabolario di base, determinare il significato di una frase e leggere in modo abbastanza fluente testi più lunghi. Sempre nei migliori dei casi, possono risolvere operazioni aritmetiche di base, capire percentuali semplici e identificare elementi in semplici grafici o tabelle", si legge sull'articolo che Internazionale ha dedicato all'argomento.

In inglese, non la capirà quasi nessuno

Tecnicamente si parla di analfabetismo funzionale: individui che tecnicamente sanno leggere, ma che in pratica non sanno comprendere nemmeno un testo breve e semplice. C'è anche una classifica per la "soluzione di problemi in ambienti ricchi di tecnologia", vale a dire le capacità di usare computer e simili in modo efficace. Anche in questo caso l'Italia si piazza ultima.

I numeri dell'OCSE evidenziano tra l'altro grandi differenze tra le fasce di età e tra i generi, con un record positivo fatto segnare dalle donne disoccupate. E c'è poi il problema dei cosiddetti neet, giovani (fino a 29 anni) che non lavorano né studiano.

Per i due ministri italiani Enrico Giovannini e Maria Chiara Carrozza questi risultati destano preoccupazione e richiedono un'azione immediata perché ipotecano il futuro stesso del paese, ma di risposte per il momento non ce ne sono. Si parlare di innalzare l'età dell'obbligo scolastico, o di aumentare il tempo passato a scuola dagli studenti - ma crediamo che difficilmente queste misure sarebbero di aiuto.

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Sottolinea l'economista Tito Boeri che "il capitale umano dei genitori sembra essere uno dei maggiori determinanti di quello dei figli. Fanno decisamente meglio degli altri coloro che hanno genitori che hanno titoli di studio più avanzati". Un altro segnale preoccupante: se mamma e papà non hanno molti strumenti (senza colpe da parte loro), in qualche modo sono condannati anche i figli perché non abbiamo un sistema che li possa aiutare. Non ci resta che sperare quindi nella fortuna di avere genitori colti.

"La correlazione fra scolarità e competenze è meno forte di quanto si possa pensare", continua poi Boeri, sottolineando come non si possa esaurire il discorso parlando solo di scuola, seppure il tema sia d'importanza determinante, e infatti Boeri rileva che "i nostri tassi di scolarità rimangono ancora molto bassi in confronto agli standard internazionali".  

"Colmare questo divario nei livelli di scolarizzazione dovrebbe essere il compito di qualsiasi governo con un minimo di lungimiranza. Noi invece abbiamo abbassato di ben due punti percentuali la spesa per istruzione durante questa interminabile crisi, partendo da livelli di spesa che erano già inferiori a quelli di molti paesi avanzati", continua l'economista.

Soluzione di problemi "tecnologici" - Clicca per ingrandire

E poi aggiunge Boeri che "spesso l'incompetenza fa vivere l'istruzione come una minaccia alle proprie posizioni di potere", ed è proprio questo forse uno dei più importanti punti deboli della nostra cultura, perché non riguarda solo chi ha posizioni di potere, ma anche il cosiddetto "uomo della strada".

Negli ultimi anni in Italia – come altrove – si è insinuato un modo di pensare pericoloso, secondo il quale chi ama la conoscenza è da additare come un freak, uno che si merita di essere deriso piuttosto che ammirato. Anzi, spesso chi sa poco e nulla è anche quello che urla più forte; e qualche volta finisce per averla vinta perché dall'altra parte non si ha voglia né tempo di discutere. Le discussioni online sono l'esempio perfetto di questo problema, e finché le cose restano così la situazione non potrà che peggiorare.

Boeri conclude poi il suo commento con un consiglio: "meglio punire col voto i politici che, ignorando i problemi della scuola e della formazione, si disinteressano del nostro futuro". Siete d'accordo?