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a cura di Andrea Balena

Mentre sul grande schermo i prodotti Marvel hanno raggiunto il consenso quasi universale di critica e pubblico, lodati per l'ottimo ma non scontato livello di intrattenimento cinematografico, sul piccolo schermo sembra proseguire un lento declino verso la mediocrità, inagurato con prodotti scadenti quali Iron Fist o deludenti come The Defenders. The Punisher aveva segnato un tentativo di ripresa grazie al suo protagonista davvero unico, ma ora ci ritroviamo a segnalare la seconda stagione di Jessica Jones come un esempio di caduta rovinosa verso l'insufficienza.

I motivi alla base del cambio di rotta così netto sono molteplici, sia sulla superficie dello show che nei suoi legami con l'origine cartacea. Partiamo da questi ultimi: la prima stagione aveva bene o male adattato tutto il materiale fumettistico (proveniente da Alias) disponibile sulla più forte e alcolizzata investigatrice privata del panorama noir, lasciando davvero poche briciole per sviluppi futuri. Il resto del danno lo ha fatto l'infelice scelta di Netflix di continuare a usare la suddivisione ferrea nei canonici 13 episodi, allungando fino all'esasperazione tutte le strade, principali e secondarie, intraprese dalla sceneggiatura.

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Anche dal punto di vista della coerenza la serie presenta parecchi nei: la showrunner Melissa Rosenberg ha ignorato del tutto gli eventi e le ripercussioni di The Defenders sul personaggio e ha preferito continuare il racconto delle storie personali. Se la prima stagione ruotava sul concetto di emancipazione dalla condizione di schiavitù, questa seconda intende rappresentare la gestione della rabbia rimasta dopo la liberazione. Nel corso delle puntate vediamo una Jessica incapace di superare gli eventi finali della prima stagione e troppo incline all'alcool e alle aggressioni ai suoi clienti, Trish Walker che riesce a gestire la sua invidia per la sua "super" sorella solo facendo uso di droghe e il collega Malcom che vuole riscattarsi dalle dipendenze passate con un atteggiamento stacanovista.
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Sebbene parta con buone e interessanti premesse, questa seconda stagione non decolla mai verso un sviluppo avvincente, anche quando racconta l'investigazione principale di Jessica alla ricerca della verità sui suoi poteri. Scritta completamente da zero rispetto al materiale fumettistico originale, la storia delle origini non svela niente di nuovo o sorprendente, nemmeno quando a metà stagione viene finalmente svelata la reale identità della antagonista. Quest'ultima, interpretata da Janet McTeer, non rappresenta mai una vera minaccia per la protagonista né risulta minimamente carismatica quanto il magnetico Kilgrave di David Tennant (che fra l'altro compare brevemente in un episodio). La natura del rapporto fra le due è diversa rispetto alla relazione malata con l'Uomo Porpora, ma la traduzione su schermo produce momenti poco ispirati e talvolta noiosi da seguire, nonostante la loro importanza.

Anche le altre storie non brillano per profondità o verve, sono raccontate in modo piatto e per lo più risultano tediose, e sono spesso trattate a compartimenti stagni, senza un particolare intreccio a legarle fra di loro. L'intento era chiaramente quello di rappresentare la solitudine che i personaggi principali provano, ma il risultato su schermo è ben poco entusiasmante. Ad esempio, la storyline di Hogarth e la scoperta della sua malattia rimane sempre ai confini del cuore della vicenda, ha pochi e scialbi sviluppi e finisce senza alcun clamore.

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Indubbiamente la sceneggiatura di questa stagione intendeva essere più introspettiva e dare maggior risalto ai conflitti interiori della protagonista - che rimane l'interprete migliore e più carismatica dello show - ma la struttura costruita attorno a Jessica non convince assolutamente, e addirittura annoia per buona parte degli episodi. Anche dal punto di vista prettamente tecnico risulta il prodotto Marvel più scialbo finora, perdendo quasi completamente l'atmosfera noir della prima stagione senza proporre scelte di regia particolari o innovative. Un altro tonfo clamoroso per la Casa delle Idee, ma soprattutto per Netflix, che lo propone come un cavallo di battaglia della sua scuderia seriale.


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