Kepler scopre più di cento nuovi pianeti con K2

La missione spaziale K2 ha scoperto oltre cento nuovi pianeti. Fra questi, due non molto distanti da noi che potrebbero avere le condizioni adatte per ospitare la vita.

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a cura di Mosé Giordano

In quattro anni di continue osservazioni il telescopio spaziale Kepler ha rivelato più di duemila nuovi pianeti, rivoluzionando completamente la conoscenza dei sistemi planetari extrasolari. Abbiamo parlato più volte delle scoperte di Kepler, ora vi proponiamo un piccolo approfondimento con una breve intervista a Luigi Mancini, astronomo del Max Planck Institute for Astronomy, e coautore di una pubblicazione che sarà pubblicata su Astrophysical Journal Supplement Series.

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Rappresentazione artistica di K2-72 e dei suoi quattro pianeti scoperti dal telescopio Kepler. Crediti: NASA/JPL.

Kepler individua i pianeti usando il metodo dei transiti, cioè rilevando piccolissime diminuzioni (anche dello 0.001%) della luminosità di una stella causate dal "transito" periodico di pianeti davanti al disco delle loro stelle genitrici. 

Come i lettori più attenti di Tom’s Hardware ricorderanno, tre anni fa Kepler subì la rottura di due dei quattro giroscopi che ne garantivano un puntamento estremamente accurato e la sua missione primaria fu interrotta nel 2014 con un anno di anticipo. Tuttavia, gli scienziati della NASA non si sono persi d’animo e, grazie a un ingegnoso espediente tecnico, sono riusciti a salvare la missione dando vita a una seconda missione della sonda Kepler, denominata K2.

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Grazie ai dati raccolti da K2 durante il suo primo anno di missione, un team internazionale di astronomi è stato in grado di individuare 197 possibili pianeti, di cui 104 sono stati validati anche grazie a osservazioni compiute con telescopi situati a terra. Si tratta della scoperta con il maggior numero di pianeti finora realizzata usando i dati di K2. Come accennato i risultati di questa ricerca saranno pubblicati sulla rivista Astrophysical Journal Supplement Series.

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"Viviamo in un periodo incredibile per l'astronomia" ha dichiarato a Tom's Hardware Luigi Mancini, astronomo del Max Planck Institute for Astronomy, e coautore della pubblicazione. "Grazie al telescopio spaziale Kepler e a programmi simili condotti dalla Terra, siamo in grado non solo di rivelare e caratterizzare mondi alieni, ma anche di studiarne le proprietà globali. Da questi studi risulta un'incredibile varietà di pianeti, in termini di massa e dimensioni, e un altrettanto ricca varietà di 'architetture' dei sistemi planetari. Queste scoperte hanno in alcuni casi confermato tipologie di pianeti introdotte dalla fantascienza, come il leggendario pianeta Tatooine di Guerre Stellari orbitante intorno a due soli, ma in altri casi sono andati oltre l'immaginario umano, come nel caso degli 'hot Jupiter', pianeti giganti simili a Giove, capaci di compiere un'intera orbita in poco più di un giorno terrestre".

Fra i nuovi pianeti scoperti, il sistema di quattro pianeti orbitanti attorno alla stella K2-72, distante "appena" 181 anni luce da noi, desta particolare interesse. Questi quattro pianeti (noti come K2-72b, K2-72c, K2-72d, K2-72e) sono tutti poco più grandi della Terra, ma la loro stella è più piccola e meno luminosa del nostro Sole. Ciò comporta che, nonostante i quattro pianeti distino dalla loro stella meno di quanto Mercurio disti dal Sole, due di essi ricevano un livello di irraggiamento confrontabile con quello della Terra, risultando così mondi potenzialmente abitabili dall'uomo. Futuri studi per determinare la massa e la composizione chimica dell’atmosfera di questi e di altri mondi scoperti da K2 forniranno maggiori informazioni sulla loro effettiva abitabilità.

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A differenza della prima missione Kepler, interamente gestita dalla NASA, gli obiettivi di K2 sono suggeriti dalla comunità scientifica, percorrendo la strada di una più ampia collaborazione con gli studiosi di tutto il mondo. K2 sta correntemente raccogliendo dati e promette numerose altre interessanti scoperte scientifiche in diversi ambiti dell’astronomia, compresa l'individuazione di nuovi esopianeti con il metodo della microlente gravitazionale.

Mosè Giordano è dottorando in astrofisica all'Università del Salento, ha al suo attivo pubblicazioni su Astrophysical Journal, MNRAS (Monthly Notices of the Royal Astronomical Society) e altre prestigiose riviste specializzate, si occupa di divulgazione scientifica ed è un appassionato di tecnologia. Le sue specializzazioni sono relatività generale, microlensong gravitazionale, ricerca di pianeti extrasolari. Collabora con Tom's Hardware per la produzione di contenuti scientifici.