La cassazione e i commenti offensivi sui social network

Diffamazione tramite Social Network, vediamo alcuni casi pratici per meglio capire il fenomeno.

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a cura di Tom's Hardware

La recente conferma della Cassazione sull'aggravante dell'offesa a mezzo stampa in caso di commenti offensivi sui social network

Di recente, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8328/2016, ha confermato ancora una volta l'applicazione dell'aggravante dell'offesa a mezzo stampa nel caso di commenti dotati di efficacia offensiva pubblicati sui social network. Il caso oggetto della pronuncia, riguardava il Commissario Straordinario della Croce Rossa Italiana, il quale denunciava di essere stato diffamato da alcuni soggetti, mediante la pubblicazione di commenti sulle bacheche Facebook degli stessi autori. I giudici nel condannare gli autori hanno specificato che la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca "Facebook" integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595 Codice Penale, comma terzo, in quanto la diffusione di un messaggio secondo le modalità offerte dal social network in questione ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato, ma apprezzabile di persone.

When Your Business is Defamed Online

La condivisione di un post diffamante non integra il reato di diffamazione

Sino ad ora sono state esaminate solamente pronunce che hanno evidenziato l'estendibilità del reato di diffamazione alle condotte realizzate mediante l'impiego dei social network. Tuttavia vi sono stati alcuni casi, a dire il vero isolati, in cui sono state pronunciate delle sentenze di assoluzione. Una tra le più importanti per la propria valenza pratica è la n.3981 emessa dalla V sezione della Corte di Cassazione Penale.

Il caso riguardava un soggetto che partecipando ad una discussione su facebook  pubblicava un commento di per sé privo di alcuna portata diffamatoria, ma che secondo il giudice di appello assumeva valenza offensiva nell'ottica generale del contesto in cui si inseriva.  

Di parere opposto sono invece stati i giudici della Suprema Corte, secondo i quali il fatto di aver condiviso una critica nei confronti della persona offesa, non determina la responsabilità penale del soggetto ex art. 595 c.p. qualora questi non utilizzi espressioni offensive. I giudici infatti hanno motivato la sentenza stabilendo che "era infatti nel suo diritto manifestare un'opinione apertamente ostile nei confronti del M., ma,[..] contrariamente agli altri partecipanti alla "discussione", egli lo ha esercitato[..]correttamente, senza ricorrere alle espressioni offensive utilizzate da altri, nè dimostrando di volerle amplificare attraverso il proprio comportamento."

Conclusioni

Salvo alcune rare ed isolate pronunce isolate, la Suprema Corte ritiene che "la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza, pertanto, la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone comunque apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall'art. 595 c.p.p., comma 3".

Ormai non ci sono più dubbi quindi, tutte le sopracitate pronunce giurisprudenziali confermano ancora una volta la linea dura della Corte di Cassazione in materia di diffamazione, la quale è giustificata dalla rapidità ed estrema facilità di diffusione anche di un singolo commento nell'orizzonte infinito del web.  

Dott. Giuseppe Laganà