La Commissione UE ci salverà dal Decreto Romani

Molte novità contenute nel Decreto Romani sulle TLC potrebbero essere bocciate dalla Commissione Europea.

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a cura di Dario D'Elia

Il Decreto Romani potrebbe essere bocciato dalla Commissione Europea e dal Garante delle Comunicazioni. Responsabilizzare gli ISP e i distributori di contenuti online (come ad esempio YouTube) è una delle tante novità, contenute nel decreto legislativo del vice ministro allo Sviluppo Romani, che stanno vagliando le commissioni di Camera e Senato.

Problema di connessioni

Il problema, secondo indiscrezioni provenienti da Bruxelles, è che non solo l'Italia avrebbe dovuto notificare il provvedimento alla UE
ma potrebbero essere ravvisate violazioni della normativa vigente. "La direttiva europea sul commercio elettronico vieta obblighi di monitoraggio preventivo da parte dei service provider, come stabilisce invece il decreto legislativo", ha spiegato una fonte a Reuters.

Per di più, a parere del presidente dell'associazione italiana degli ISP, si starebbe manifestando una curiosa coincidenza: la discussione sul destino di YouTube coincide con la querelle legale avviata da Mediaset per violazione di copyright. "Per come è scritto, il decreto potrebbe di sicuro aiutare Mediaset nella causa contro Google", ha dichiarato il Presidente Nuti.

"Lo schema accentua la bipartizione delle competenze (tra Garante e governo) mantenendo la materia delle autorizzazioni, con l'unica eccezione di quelle satellitari, sotto il controllo dell'esecutivo", ha aggiunto il Garante per le comunicazioni Corrado Calabrò. Una visione, in pratica, che si scontra con l'approccio normativo comunitario. Si rischia, in verità, anche "un caso unico nel mondo occidentale a causa dell'articolo 17 che introduce un'apposita autorizzazione per la diffusione continua in diretta e su internet o web casting".

Senza contare la scelta di "lasciare sostanzialmente inalterato il quadro esistente per le Tv in chiaro, e di prevedere tetti più restrittivi per la pubblicità sulle emittenti a pagamento", malgrado la UE consentisse agli Stati "di adottare norme più particolareggiate o più rigorose".