La Commissione UE ha avviato un'indagine preliminare su Google per la gestione dei dati

La Commissione UE ha avviato un'indagine preliminare antitrust sulla gestione dei dati di Google. Inviati i primi questionari alle aziende partner.

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a cura di Dario D'Elia

La Commissione Europea ha avviato una nuova indagine su Google in relazione alle sue pratiche di raccolta e gestione dei dati. La conferma è giunta ieri a Reuters, direttamente da Bruxelles. I funzionari antitrust stanno raccogliendo informazioni sulle modalità operative che ha stabilito il colosso statunitense con i vari partner.

"La Commissione ha inviato questionari nell'ambito di un'indagine preliminare sulle pratiche di Google relative alla raccolta e all'utilizzo dei dati da parte di Google. L'indagine preliminare è in corso", ha dichiarato un membro del team. Si parla di tutti i dati relativi ai servizi locali di ricerca, la pubblicità online, i servizi di profilazione utente per le campagne, web browser, etc.

Insomma, prosegue la caccia a Google. Bisogna ricordare infatti che l'Antitrust UE ha sanzionato l'azienda nel 2017 per Google Shopping (2,4 miliardi di euro), nel 2018 per pratiche anticoncorrenziali relative al sistema operativo Android (4,3 miliardi di euro) e nel 2019 con una per violazioni nella pubblicità online (1,5 miliardi di euro). Soprattutto in questo ultimo caso sono emerse criticità sui contratti stipulati da Google con terze parti.

"Google ha consolidato la propria posizione dominante nella pubblicità collegata alle ricerche online, mettendosi al riparo dalla pressione della concorrenza con l’imposizione di restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai siti web di terzi”, disse ai tempi Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza. "Si tratta di pratiche illegali ai sensi delle norme antitrust dell’UE. Tale condotta illegale si è protratta per oltre 10 anni, negando ad altre società la possibilità di competere sulla base dei meriti e di innovare e ai consumatori di godere dei vantaggi della concorrenza".

Le restrizioni imposte, secondo l'analista Ben Thompson, contattato da The Guardian, sono sempre più diffuse. "Queste grandi aziende tecnologiche hanno abbastanza vantaggi, la maggior parte ha guadagnato offrendo ciò che i clienti desiderano ed è stata favorito dalla natura fondamentale dei costi marginali azzerati. Cercare di aumentare questi vantaggi attraverso contratti a cui i fornitori non possono dire 'no' dovrebbe essere considerato con estremo scetticismo ".