La Giustizia USA vorrebbe una "backdoor" per WhatsApp e altre applicazioni

Il procuratore generale USA ha co-firmato con i colleghi di Regno Unito e Australia una lettera che è stata spedita a Mark Zuckerberg: vogliono "backdoor".

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a cura di Dario D'Elia

Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha avviato una battaglia contro le comunicazioni cifrate impiegate da WhatsApp e gli altri servizi di messaggistica di Facebook. Ieri The New York Times ha svelato che il procuratore generale William P. Barr ha co-firmato con i colleghi di Regno Unito e Australia una lettera che è stata spedita a Mark Zuckerberg.

"Le aziende non dovrebbero progettare deliberatamente i loro sistemi in modo da impedire qualsiasi forma di accesso ai contenuti anche per prevenire o indagare sui reati più gravi", ha sostenuto Barr. Il tema è quello dell'accesso legale alle comunicazioni cifrate per combattere il terrorismo, la criminalità organizzata e la pornografia minorile, insomma "salvaguardare le persone, indagare sui crimini e prevenire future attività criminali".

L'opinione dei procuratori è che ci debba essere rispetto della privacy ma anche un bilanciamento con le esigenze di indagine. Per altro non si parla di un controllo indiscriminato ma di azioni sostenute da mandati di un giudice.

Insomma, gli inquirenti vorrebbero una comoda backdoor -  anche se Barr non gradisce il termine per le sue implicazioni sulla cybersicurezza, mentre le aziende tecnologiche da tempo hanno intrapreso una strada di garanzia nei confronti degli utenti finali. In molti casi persino le stesse società non hanno più modo di accedere alle comunicazioni.

"Oggi non esiste alcun modo per creare una backdoor di crittografia che non comprometta ampiamente la cifratura", ha affermato Jules Polonetsky, amministratore delegato del Future of Privacy Forum. Non a caso secondo un recente rapporto del Carnegie Endowment for International Peace più che concentrarsi sulla modalità di alterazione dei sistemi di cifratura bisognerebbe trovare delle soluzioni per consentire alle forze dell'ordine di accedere ai dispositivi che hanno ottenuto legalmente.

Il portavoce di Facebook Andy Stone ha dichiarato che se da una parte l'azienda rispetta il ruolo delle forze dell'ordine, dall'altra dovrebbe essere rispettato il diritto alla privacy delle persone. "La crittografia end-to-end protegge già i messaggi di oltre un miliardo di persone ogni giorno", ha affermato Stone. "Siamo fortemente contrari ai tentativi del governo di costruire backdoor perché minerebbero la privacy e la sicurezza delle persone ovunque".

Con circa 1,5 miliardi di utenti nel mondo WhatsApp fa gola, ma aprire un varco nella sicurezza sarebbe rischioso. "Siamo spiati da tutti e dappertutto", ha dichiarato Susan Landau, professore di sicurezza informatica della Tufts University. "È molto facile ascoltare le comunicazioni. La protezione dei dati è un chiaro interesse per la sicurezza nazionale".

Infine proprio ieri Barr e la segretaria di Stato inglese Priti Patel hanno firmato un accordo che dovrebbe agevolare le indagini di carattere informatico nei rispettivi paesi. In pratica gli inquirenti americani e quelli inglesi potranno domandare (nel rispetto delle norme) alle società tecnologiche dati di ogni tipo in relazione a terrorismo, abusi sessuali su minori e altri crimini senza barriere di carattere territoriale. Attualmente per un'indagine ad esempio statunitense con implicazioni nel Regno Unito vi è bisogno di una serie di passaggi burocratici che possono richiedere fino a 2 anni.