Quando gli astronomi osservano dei buchi neri supermassivi che si sono formati solo 800.000 anni dopo il Big Bang restano perplessi. Come ha spiegato Zoltan Haiman, professore di astronomia presso la Columbia University, "il collasso di una galassia e la formazione di un buco nero con una massa pari a milioni di volte il Sole richiede tempi dell'ordine di centomila anni: un battito di ciglia, dal punto di vista dell'Universo. Poche centinaia di milioni di anni più tardi, il buco nero raggiunge masse pari a miliardi di volte quella del Sole. Questi tempi sono molto più rapidi di quanto ci aspettavamo".
Una possibile risposta è contenuta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Astronomy. Secondo il co-autore Haiman e i colleghi della Dublin City University (Irlanda), del Georgia Institute of Technology (USA) e dell'Università di Helsinki (Finlandia) sarebbe solo una questione di radiazioni.
Il gruppo di studio ha condotto delle simulazioni matematiche da cui emerge che i buchi neri possono crescere fino a dimensioni mostruose se una galassia vicina svuotasse la galassia ospite con un'intensa ondata di radiazioni di Lyman-Werner. In sostanza, se fotoni ultravioletti sfrecciassero attorno alla galassia ospite con un'energia di 12,6 eV impedirebbero al gas circostante il collasso gravitazionale.
La prima fase di formazione stellare consiste nell'aggregazione di gas atta a formare sacche più dense di materiale all'interno di una galassia. Se questo processo venisse interrotto dalla radiazione, la nascita delle stelle sarebbe impossibile. Proprio questo è un requisito importante per la creazione delle giuste condizioni per la formazione e l'accrescimento di buchi neri supermassicci, perché se la massa del gas circostante fosse racchiusa in stelle lontane dal buco nero, non potrebbe essere inghiottita e ci sarebbero meno possibilità per il buco nero di raggiungere miliardi di masse solari.
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Il lavoro ha tenuto conto di almeno un paio di studi precedenti. In particolare, secondo una ricerca condotta da Haiman e colleghi nel 2008, un aumento di radiazioni consentirebbe di dividere l'idrogeno molecolare (H2) in singoli atomi (H), causando il collasso di un buco nero e della sua galassia ospite invece di consentire la formazione di nuove stelle.
A questo si aggiunge l'informazione proveniente da un altro studio. Eli Visbal della Columbia University aveva calcolato che la galassia vicina dovrebbe essere almeno 100 milioni di volte più massiccia del Sole ed emettere radiazioni sufficienti per prevenire la formazione di stelle nella galassia ospite. Simulazioni più recenti hanno però rivelato che le galassie che emettono radiazioni non debbono essere necessariamente così grandi. Anzi, possono essere più piccole, a patto che siano alla distanza giusta dalla galassia ospite.
Tenuto conto di queste premesse, la teoria sull'accrescimento dei buchi neri supermassicci potrebbe non essere così inverosimile.
Da sottolineare tuttavia che anche quella esposta non è un'interpretazione definitiva: esistono molte altre teorie che mirano a spiegare i tempi di formazione dei buchi neri supermassicci, come per esempio la fusione delle galassie, che annovera un numero sempre crescente di prove - la collisione di galassie è abbastanza comune. Anche la galassia di Andromeda si sposta verso la Via Lattea e si prevede che si scontreranno fra circa quattro miliardi di anni.
Per chi ama la concretezza, la realtà è che sia quest'ultima sia la teoria di Haiman e colleghi necessitano di ulteriori test per essere confermate. Test che gli scienziati auspicano di poter condurre una volta che sarà operativo il James Webb Space Telescope.