L'ACTA minaccia le libertà civili, il relatore UE si dimette

Il relatore dell'accordo ACTA per l'Unione Europea si dimette denunciando mancanza di trasparenza da parte di chi ha spinto per aderire a una norma che lui stesso definisce una minaccia per le libertà civili. A quanto pare i negoziati sono stati accelerati con il preciso intento di privare gli obiettori del diritto di opporsi.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Infuria di nuovo la polemica sull'ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) dopo che il suo relatore, Kader Arif, ha rassegnato le dimissioni motivandole con un aspro rimprovero verso le modalità che hanno portato lo scorso 26 gennaio alla sua sottoscrizione da parte degli organi decisionali europei.

Arif se l'è presa con i negoziatori dell'Unione Europea, con i parlamentari, e con le corporazioni che hanno spinto all'accettazione di questo accordo internazionale denunciando che "non sono state prese in considerazione le opinioni delle organizzazioni della società civile" e che c'è stata di fondo una "mancanza di trasparenza fin dall'inizio dei negoziati, che ha portato al ripetuto rinvio della firma del testo senza che ne fossero spiegati i motivi o che fosse chiarito il perché dell'esclusione delle richieste del Parlamento che sono state espresse in diverse sedute".

Il relatore dell'ACTA si dimette: "è una pantomima"

Il relatore ha poi specificato di avere dovuto affrontare "manovre dell'ala destra del Parlamento Europeo che hanno imposto un calendario frenetico" in modo che l'opinione pubblica non fosse informata su quanto stesse accadendo e che "il Parlamento fosse privato del suo diritto di espressione e degli strumenti a sua disposizione per trasmettere le richieste legittime dei cittadini".

Ricordiamo che l'ACTA è una sorta di accordo internazionale anticontraffazione riguardante beni, servizi e prodotti immateriali che consegna nelle mani dei detentori di diritti di copyright e di brevetto il diritto di operare un maggiore potere nei confronti dei (presunti) soggetti che operano nell'illegalità, senza chiamare in causa le autorità giudiziarie o amministrative.

Come avevamo fatto notare in una precedente notizia a riguardo, le perplessità sono molte perché, come spiegava l'avvocato Fulvio Sarzana, "portando alle estreme conseguenze tutto ciò dovremmo immaginare che sistemi del tutto leciti quali i programmi di compressione MP3 possano essere strumenti atti a eludere la protezione dei titolari dei diritti perché consentono la riproduzione audio-video di file non originali".

Il Parlamento Europeo è stato privato del suo diritto di espressione

A sorpresa il relatore dell'accordo è concorde con questa visione sia nel riconoscerlo "problematico" sia nell'interpretarlo come una "minaccia per le libertà civili, per le libertà che concede ai fornitori di accesso a Internet".

Arif chiude l'inquietante lettera di dimissioni scrivendo a chiare lettere che il suo obiettivo oggi, dopo l'esame di coscienza che si è senza dubbio fatto, è quello di "mandare un segnale forte e vigile all'opinione pubblica su questa situazione inaccettabile" perché "questo accordo potrebbe avere conseguenze importanti sulla vita dei cittadini" e lui non intende prendere parte a quella che in ultima battuta definisce "una pantomima". Lui ora può dormire tranquillo, noi un po' meno, se a giugno il Parlamento ratificherà la norma come previsto dalla tabella di marcia.