L'Antipirateria italiana è troppo legata all'industria?

Gaffe epica dell'antipirateria italiana: diffonde i dati sul suo operato, ma alla fine si scopre che la fonte è la FIMI, la Federazione Industriale Musicale Italiana. Il presidente di Assoprovider Dino Bortolotto svela tutto.

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a cura di Dario D'Elia

L'antipirateria inventata dall'AGCOM è pilotata dall'industria musicale italiana? La domanda è lecita soprattutto quando si scopre che i dati divulgati sull'attività 2014 sembrerebbero provenire dagli studi FIMI invece che da una fonte alternativa e indipendente.

Il caso è esploso venerdì scorso quando l'AGCOM ha diffuso un comunicato sull'attività antipirateria. Fra i tanti dati si legge che gli ordini di blocco ai siti web avrebbero reso inaccessibili oltre 2 milioni e mezzo di file musicali e più di un milione di file audiovisivi.

Pirateria

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"Dall'entrata in vigore del Regolamento al 30 novembre scorso sono pervenute all'Autorità 142 istanze, al netto di quelle compilate e non perfezionate secondo la procedura informatizzata descritta sul sito", si legge nel comunicato. "Di queste, la maggior parte ha riguardato opere fotografiche (il 33%) e audiovisive (il 32%). Seguono le istanze che hanno ad oggetto opere di carattere sonoro (15%), editoriale (11%) e letterario (4%), ivi inclusi e-book, manualistica in chiave educational e narrativa".

Il problema, secondo il Presidente di Assoprovider Dino Bortolotto, è che "le stime del numero di opere inibite diffuse con il comunicato stampa non sono di AGCOM, bensì sono emerse da una diapositiva proiettata da Enzo Mazza, il portavoce della Organizzazione FIMI, la Federazione degli editori musicali, parte in causa, in quanto componente delle Organizzazioni che ottengono da AGCOM gli ordini di inibizione".

Colpo di scena, perché Bortolotto era presente all'evento stampa. "L'Autorità in quella sede non sembrava essere a conoscenza di alcun dato su quel numero né sull'impatto del Regolamento, e non ha presentato alcuna analisi economica sull'impatto del Regolamento prima o successivamente all'entrata in vigore del Regolamento", spiega nella lettera pubblicata da Key4Biz.

"Parimenti non è stato chiarito in quale modo siano stati ottenuti questi dati, attraverso cioè quale procedimento scientifico".

L'AGCOM si è limitata a comunicare che i procedimenti avviati sono stati 95: il 62% ha fatto registrare un adeguamento spontaneo da parte dei destinatari della comunicazione di avvio; il 29% è sfociato nell'adozione da parte dell'Autorità di un ordine di blocco del DNS dei siti segnalati; il 9% è stato archiviato dalla Commissione per i servizi e i prodotti.

Già, però solo Bortolotto è intervenuto per sottolineare che le operazioni di oscuramento non cancellano le opere dal sito di pubblicazione e nemmeno le rendono realmente irraggiungibili dagli utenti italiani. Com'è risaputo è sufficiente sostituire i DNS del proprio provider di accesso con un DNS diverso.

"Non comprendo come i dati di una Organizzazione che non è AGCOM siano divenuti, in un giorno solo, stime di riuscita del Regolamento da parte di una istituzione pubblica, degne addirittura di costituire comunicazione istituzionale", si interroga il presidente dei provider indipendenti.

"Da una verifica sul numero di opere per le quali vengono richieste le rimozioni, verifica molto semplice essendo il procedimento AGCOM ad istanza di parte, emerge che il numero di link presuntivamente illeciti, verificati dall’Autorità nei procedimenti pubblicati, è di poco superiore al migliaio.

 A quel punto se la verifica avviene su mille link, da dove spuntano i 3 milioni di file illeciti sbandierati dal Garante?

"Come presidente dell'associazione che da sola si sta battendo per vedere riconosciuti in questa vicenda gli interessi economici degli ISP di accesso Italiani devo segnalare come le operazioni di oscuramento siano per gli ISP di accesso operazioni onerose e come AGCOM, che ha così tanto a cuore gli interessi economici dei titolari dei diritti, in un anno non ha ancora trovato invece il tempo per accertare l’entità dell’impatto economico delle sue richieste di oscuramento sugli ISP di accesso", conclude Bortolotto.

Come se non bastasse siamo ancora in attesa del parere della Corte Costituzionale sulla nuova norma antipirateria.