L'Antitrust assolve Google con una pacca sulle spalle

Le indagini dell'antitrust statunitense a carico di Google si chiudono senza condanne e multe. A Google è bastato promettere che non denuncerà i concorrenti per l'uso di brevetti essenziali e che sarà un po' più flessibile sulla pubblicità.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Pace fatta fra Google e l'antitrust statunitense, che dopo due anni di indagini ha archiviato la questione con un sostanziale nulla di fatto per mancanza di elementi sufficienti a supporto delle accuse.

"Le prove raccolte dalla FTC a seguito delle proprie indagini hanno portato a richiedere significativi cambiamenti nelle pratiche di business di Google. Tuttavia, in merito alle specifiche accuse circa le pratiche anticompetitive nei risultati delle ricerche, le prove raccolte non giustificano azioni legali da parte della commissione" si legge nel documento ufficiale.

Google festeggia l'assoluzione quasi totale

Niente sanzioni e niente condanna esemplare, a fronte di un patto in cui l'azienda di Mountain View si impegna a fare la brava. Sono tre in dettaglio i punti del documento sottoscritto da Google con la Federal Trade Commission. Cessione delle licenze relative ai brevetti essenziali a condizioni effettivamente eque e ragionevoli, senza più minacce o denunce.

La questione era venuta a galla in seguito all'acquisizione di Motorola Mobility da parte di Google: sia Apple sia Microsoft avevano denunciato una politica scorretta nell'uso dei cosiddetti brevetti FRAND (Fair, Reasonable, and Non-Discriminatory Terms) sia all'FTC sia alla Commissione Antitrust europea.

Nel documento dell'FTC si legge che "Google ha accettato l'ordine che le vieta di chiedere ingiunzioni sia ai tribunali federali sia all'FTC per tentare di bloccare le vendite di prodotti che fanno uso di brevetti essenziali, per i quali i produttori sono disposti a pagare le licenze secondo gli accordi FRAND".

Al secondo punto è prevista l'eliminazione delle restrizioni sulla pubblicità online. Gli inserzionisti beneficeranno di una maggiore flessibilità. Non ci saranno più restrizioni nell'uso di AdWords, quindi si potranno organizzare campagne sia su Google sia su altri canali concorrenti senza problemi. Grazie ad alcune modifiche tecniche che saranno messe in atto gli inserzionisti avranno un maggiore accesso alle API con i feedback delle campagne pubblicitarie.

Forti critiche per l'antitrust dopo l'accordo

Inoltre tutti i siti web potranno chiedere di non indicizzare particolari informazioni in modo che Google non le possa sfruttare per arricchire i propri canali a danno di altri siti. L'argomento era salito alla ribalta in seguito alle denunce di siti come Yelp e TripAdvisor, che ritenevano di essere stati penalizzati dal motore di ricerca di Google.

L'indagine però non ha chiarito il nocciolo centrale della questione, ossia perché i servizi Google appaiano in cima ai risultati delle ricerche. Effettivamente sono quelli migliori per i consumatori o Google sta favorendo se stessa come sostenevano le accuse di abuso di posizione dominante? La risposta non è arrivata.

"La FTC ha concluso che l'introduzione di Universal Search, così come alle altre modifiche apportate agli algoritmi di ricerca di Google - anche quelli che possono aver avuto l'effetto di danneggiare singoli concorrenti - potrebbe essere plausibilmente giustificato un'innovazione che migliora i prodotti di Google e l'esperienza dei suoi utenti" si legge nel documento di sintesi.

Il Presidente della FTC Jon Leibowitz ha ammesso che l'indagine è stata lunga e difficile e si è felicitato di averla chiusa con un accordo fra gentiluomini. Il comunicato chiude infatti spiegando che "i cambiamenti che Google ha accettato di fare consentiranno ai consumatori di continuare a raccogliere i benefici della concorrenza nel mercato on-line e nel mercato dei dispositivi wireless innovativi di cui godono".

In realtà si può dire tutto tranne che questo è un accordo soddisfacente: di fatto non ci sono obblighi tassativi (a parte il divieto di fare denunce per i brevetti FRAND) a carico di Google. In più non sono stati stabiliti termini entro i quali le modifiche dovranno essere operative, controlli a cui sottoporsi o penali da pagare in caso "le modifiche spontanee" non vengano applicate in maniera soddisfacente.

Google ne esce vincente perché ha scongiurato il rischio che qualcuno metta mano al suo motore di ricerca per capire cosa c'è dietro ai risultati che elabora. La FTC, nonostante il lungo impegno, fa una magra figura come ha fatto notare Eric Goldman, direttore del Santa Clara University School of Law Law Institute High Tech.

"È chiaro che il modo migliore per proteggere i consumatori americani per la FTC sia quello di non fare nulla" ha spiegato durante una conferenza organizzata dalla Computer and Communications Industry Association (CCIA).

Il ruolo della perdente spetta a Microsoft, che aveva fatto ingenti investimenti nelle attività di lobbying per convincere l'opinione pubblica e il governo che il suo arci-nemico doveva essere regolamentato. Sul blog ufficiale Microsoft ha parlato dell'accordo come di una "opportunità mancata" e ha espresso preoccupazioni per il "debole" e "insolito" accordo. Il vice presidente e consigliere generale Dave Heiner scrive infatti che la FTC non ha sottoscritto alcun tipo di accordo vincolante che impedisca a Google di continuare con la sua condotta se lo volesse. Difficile dargli torto. 

Ora la palla passa alla Commissione Europea, che sta indagando sulle stesse accuse. Probabilmente anche in questo caso la questione si chiuderà con un accordo, resta da vedere se sarà amichevole come quello statunitense o se, viste le polemiche che stanno montando, Almunia avrà la mano più pesante.

Aggiornamento: l'agenzia stampa Reuters ha riportato una dichiarazione del portavoce della Commissione Europea Michael Jennings, in cui rassicura sul fatto che le decisioni dell'antitrust UE non saranno condizionate dall'accordo sottoscritto negli Stati Uniti fra Google e la FTC.