L'Antitrust chiude la porta in faccia a Mediaset: con le torri RAI ridurreste la concorrenza

L'Antitrust boccia il tentativo di scalata di Mediaset nei confronti delle torri di trasmissione RAI. EI Towers ucciderebbe la competizione nel mercato.

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a cura di Dario D'Elia

L'Antitrust ha confermato che il tentativo di acquisizione di RaiWay da parte di Mediaset "non è suscettibile di essere autorizzato". Consegnare i ripetitori Rai alla diretta concorrente potrebbe costituire una posizione dominante tale da "eliminare o ridurre la concorrenza" per altro in modalità "sostanziale e durevole".

La Comunicazione delle Risultanze istruttorie (Cri) dell'AGCM è giunta ieri pomeriggio a mercati borsistici chiusi. In pratica i tecnici dell'Antitrust hanno analizzato a fondo i documenti relativi all'operazione di Elettronica Industriale Towers (Mediaset) e stabilito che RaiWay in questo modo non si tocca.

torri radio

Lo spazio per i concorrenti

"Siamo sicuri di convincere l'Antitrust (hanno 30 giorni di tempo, NdR.) dell'infondatezza delle conclusioni delle Risultanze istruttorie e della compatibilità dell'operazione con la normativa sulla concorrenza, come si è già verificato in tanti Paesi europei", si legge nella nota Mediaset.

L'escamotage che stanno valutando a Cologno Monzese è quello di rivedere la quota per la scalata: dal 67% al 49%, quindi di fatto anche rinunciando al controllo. "Il matrimonio tra i due gruppi sarebbe un affare per tutti, come dimostrano con chiarezza le reazioni del mercato", dicono in Mediaset.

La questione di fondo è che secondo il Garante, l'azienda della famiglia Berlusconi si troverebbe a controllare il 70/45% del capacità trasmissiva nazionale. Un qualsiasi editore concorrente sarebbe costretto a rivolgersi alla nuova società e quest'ultima potrebbe negoziare a piacimento valutando anche i rischi per i palinsesti della casa madre.

Vi sarebbero effetti distorsivi anche per i mercati degli ascolti tv, degli spot pubblicitari e della pay-tv. Insomma, con in mano l'infrastruttura Mediaset potrebbe consolidare ulteriormente la sua posizione di leadership e bloccare la strada agli emergenti.

Senza contare le mani sul contratto pubblico che è sarà in vigore per 7 anni e potrà essere rinnovato per ulteriori due volte. Si parla di circa 175 milioni di euro (+IVA) all'anno, poi dal 2016 rivalutati in base all'inflazione.