L'Antitrust italiana mette sotto la lente AdSense

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato un'indagine su AdSense, la piattaforma pubblicitaria di Google. Il problema è la trasparenza: pare che gli utenti AdSense ricevano come corrispettivo somme ad assoluta discrezione di Google.

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a cura di Dario D'Elia

L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso di indagare su AdSense, la piattaforma pubblicitaria di Google che consente di pubblicare banner sul proprio sito, guadagnando in relazione al numero di visite ricevute.

Secondo il Garante "le condizioni contrattuali fissate da Google non consentono agli editori di siti web affiliati di conoscere in maniera chiara, dettagliata e verificabile elementi rilevanti per la determinazione dei corrispettivi loro spettanti".

revenue sharing, il concetto è semplice

Google si è detta pronta a collaborare nella convinzione che le sue attività siano in ogni caso in regola con le normative vigenti. Al centro della questione i contratti stipulati dai siti italiani con Google Ireland Limited, il referente europeo dell'azienda. Secondo l'Autorità italiana "la percentuale di revenue-sharing ad essi spettante è definita senza che Google fornisca alle controparti elementi utili a verificare la determinazione dei corrispettivi effettivamente percepiti".

" […] gli utenti AdSense ricevono come corrispettivo somme determinate da Google di volta in volta a sua assoluta discrezione. Google non assume alcun obbligo di comunicare come tale quota sia calcolata. I pagamenti sono calcolati esclusivamente sulla base dei registri tenuti da Google […] può inoltre modificare in qualsiasi momento la struttura di determinazione dei prezzi e/o dei pagamenti a sua esclusiva discrezione".

Insomma, si presume che non vi sia abbastanza "trasparenza e verificabilità su informazioni necessarie per valutare l'attività di intermediazione svolta in concreto da Google". Gli editori online coinvolti non sarebbero quindi in grado di valutare le "offerte provenienti da intermediari concorrenti".

Non voglio entrare nel merito della questione, ma è bene sottolineare che i modelli di business basati su revenue sharing hanno sempre avuto questo tipo di difetto. I fornitori di contenuti (loghi, suonerie, etc.) che lavorano per gli operatori mobili lo sanno bene: i dati delle vendite sono confezionati dagli stessi committenti.