Le reti TLC italiane sono a rischio di spionaggio cinese?

Huawei è uno dei fornitori TLC chiave degli operatori italiani, ma negli Stati Uniti e Australia sostengono che possa mettere a rischio la sicurezza nazionale. Intanto Symantec si prepara a rompere la join venture con l'azienda per timore di essere discriminata dal Governo USA.

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a cura di Dario D'Elia

Huawei, il colosso cinese specializzato in infrastrutture TLC, è davvero uno spione al soldo del Governo di Pechino? Difficile dirlo, certo è che lo pensano gli americani, e negli ultimi tempi l'hanno ribadito anche gli australiani. In pratica, il Governo di Canberra ha informato Huawei Technologies che non potrà partecipare all'appalto da 38 miliardi di dollari che consentirà il cablaggio in fibra del paese (Australian National Broadband Network).

"Questo è coerente con la pratica del governo  di garantire la sicurezza e la resistenza delle infrastrutture critiche in Australia, più in generale", ha confermato l'ufficio della Procura Generale. Per il Governo, stando a quanto riporta il New York Times, è chiave la protezione delle informazioni che circoleranno sulla rete, e quindi mettere in mano le infrastrutture di rete a un'azienda cinese è considerato un rischio. 

Siamo sicuri?

Ovviamente il colosso cinese non si è espresso al riguardo, ma c'è da credere che la notizia sia stata presa malamente. Per di più proprio in questi giorni Symantec ha deciso di sfilarsi dalla joint venture creata quattro anni fa con Huawei, proprio per non rischiare di essere discriminata dal Governo statunitense. C'è in ballo il progetto Joint Cybersecurity Services Pilot, che prevede la condivisione di dati della National Security Agency con contractor militari, società specializzate in sicurezza e provider di rete. Symantec ha capito che la partnership con Huawei avrebbe potuto creare problemi.

Ma perché tutti mettono Huawei alla berlina? Prima di tutto, come svelò Newsweek nel 2006, il fondatore Ren Zhengfei è un ex ingegnere militare che pare aver mantenuto "ottimi rapporti" con l'Esercito Popolare di Liberazione cinese. L'anti-spionaggio angloamericano sostiene che l'azienda e Pechino collaborino in modalità poco chiare. 

L'ultimo colpo all'immagine è giunto dal Wall Street Journal, che l'autunno scorso ha rivelato come Huawei sia diventato il primo fornitore TLC dell'Iran - con tecnologie di controllo annesse. Il colosso cinese ha negato la fornitura di soluzioni di filtraggio o monitoraggio delle comunicazioni. Infine U.S. House Permanent Select Committee on Intelligence ha avviato un'indagine per valutare la posizione di Huawei rispetto ai recenti fatti di cyber-spionaggio.

Difficile farsi un'opinione sulla questione. C'è da domandarsi però se in Italia qualcuno si sia posto almeno per un minuto il potenziale rischio, considerato che Huawei è partner ufficiale da due anni di tutti i nostri operatori TLC per quanto riguarda le infrastrutture di rete e mobili.

Aggiornamento. A seguito di questa notizia Huawei Italia ci ha contattato in quanto ha ritenuto necessario chiarire la sua posizione in riferimento alla vicenda.

Roberto Loiola, VP Western Europe, ha voluto sottolineare come "Huawei offra soluzioni rivolte al mondo delle telecomunicazioni in linea con i più elevati standard del settore, e come non esiste allo stato attuale alcuna prova che dimostri che Huawei abbia mai violato alcuna procedura di sicurezza. Negli Stati Uniti, Huawei ha assunto terze parti indipendenti specializzate in sicurezza, come la EWA, per monitorare e controllare le proprie soluzioni e certificare la loro sicurezza e la loro affidabilità".

Per quanto riguarda il legame tra il fondatore e CEO Mr. Ren Zhengfei e l'Esercito Popolare di Liberazione cinese, informazione riportata da alcune testate americane, come Newsweek, ricorda che "Mr. Ren è solo uno dei tanti CEO al mondo ad aver prestato servizio militare, ma questo accadeva quasi trent'anni fa e i rapporti con l'esercito si fermano a quel periodo".

La posizione dell'azienda è aperta alla completa collaborazione con gli organi investigativi. "Da parte nostra siamo disponibili ad ogni attività investigativa e pronti a collaborare con le istituzioni in modo trasparente, per confermare la nostra totale estraneità alle accuse di collaborare in presunte attività illecite e di spionaggio", conclude Roberto Loiola.