Luigi Gubitosi, nuovo AD di TIM. E intanto il Governo lavora ai super poteri AGCOM per lo scorporo "coatto"

Ieri il Consiglio di Amministrazione di TIM ha designato Luigi Gubitosi come nuovo amministratore delegato e direttore generale in sostituzione di Amos Genish. Sul tavolo i nodi principali riguardano l'esigenza di riduzione dei costi e aumento della redditività, lo scorporo della rete e la rinnovata competizione nel settore mobile e residenziale.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

Luigi Gubitosi è il nuovo amministratore delegato e direttore generale di TIM. Il Consiglio di Amministrazione ieri ha votato a maggioranza l'attuale Commissario Straordinario di Alitalia, ma si prospetta una battaglia legale. La lista Elliott, che detiene l'8,8%, ha vinto questa sfida grazie ai suoi 10 consiglieri in CdA; Vivendi, che detiene il 23,9% e ha solo 5 consiglieri, si prepara a mettere in discussione tutto, anche le defenestrazione di Amos Genish.

Gubitosi è noto nell'ambiente soprattutto per i suoi trascorsi in FIAT (1985-2005), nell'era pre-Marchionne, in Wind Telecomunicazioni tra il 2007 e il 2011, in Merrill Lynch, in RAI in qualità di Direttore Generale tra il 2012 e il 2015 e infine in Alitalia – che per altro lascerà a breve.

Viene considerato uno zelante analista dei conti con ottimi rapporti con l'establishment. Insomma, sulla carta il dirigente con le capacità giuste per guidare l'azienda attraverso questa fase di difficoltà.

Sul tavolo i nodi principali riguardano l'esigenza di riduzione dei costi e aumento della redditività, lo scorporo della rete e la rinnovata competizione nel settore mobile e residenziale.

I

Su tutti il tema più caldo è senza dubbio la societarizzazione della rete, che probabilmente ha contribuito all'allontanamento dell'ex AD Genish. Com'è risaputo Vivendi e l'alto dirigente sono sempre stati a favore di una nuova società a controllo Telecom, mentre il Fondo Elliott sembra essere più vicino a una soluzione agnostica che punti a risultati finanziari.

Il Governo, con i ministri Luigi Di Maio e Matteo Salvini favorevoli all'idea di una "società delle reti" nazionale, sta lavorando a un emendamento (relatore Emiliano Fenu, M5S) del Decreto Fiscale che punta a modificare il Codice delle Comunicazioni elettroniche. Il Corriere delle Comunicazioni ne ha anticipato il testo.

Nello specifico si parla di "uno strumento" normativo che possa consentire all'AGCOM di imporre (eccezionalmente) uno scorporo della rete nel caso in cui si rilevi un'effettiva mancanza di concorrenza nel settore che pregiudichi lo sviluppo della rete e inefficienze – come la duplicazione infrastrutturale - che incidano negativamente sugli investimenti.

Ora, questo non vuol dire che i giochi siano fatti. È possibile che l'emendamento venga congelato oppure approvato. Allo stesso tempo è possibile che TIM giunga a un compromesso interno e proceda in autonomia per una soluzione di compromesso con tutte le parti in causa, quindi Open Fiber, Cassa Depositi e Prestiti (azionista sia di TIM che OF), Governo e AGCOM.

L'unica certezza è che se mai si dovesse giungere a un'unica società delle reti, il costo dell'operazione ricadrà sulle casse dello Stato e quindi degli italiani. Di fatto "ricompreremo" la rete di Telecom Italia, ci faremo carico degli esuberi dell'azienda (si stimano circa 20mila lavoratori) e forse godremo di un progetto di implementazione della rete FTTH più capillare sul territorio. Il tutto avviando anche un delicato confronto con Bruxelles, che potrebbe bloccare l'operazione oppure imporre inaspettati paletti.

In teoria l'idea di una rete unica in fibra nazionale è affascinante e apparentemente efficiente, ma come avviene sempre in questi casi sarà solo l'esecuzione e il "governo" del progetto a condizionare il raggiungimento di ogni obiettivo. Storicamente nelle telecomunicazioni è avvenuto raramente, ma l'eccezione è pur sempre l'unica via per il cambiamento. In Italia.