L'Uomo Bicentenario (2000)

Il cinema di fantascienza ha sfruttato spesso il concetto di Intelligenza Artificiale, generalmente rappresentandola in un modo antropomorfizzato. Una scelta che spesso si è rivelata spettacolare ma che ha anche creato nel pubblico un'idea distorta. Vediamo come il cinema ha trattato questo tema.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

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Preso dall'omonimo racconto di Isaac Asimov, L'Uomo Bicentenario racconta di un robot, Andrew, che nasce come maggiordomo ad alta tecnologia, ma con il tempo la sua AI si evolve fino a renderlo sempre più simile all'umano. Lo spettatore si affezionerà al protagonista, e si troverà inevitabilmente per fare il tifo in favore della macchina contro gli esseri umani che le vogliono precludere la felicità.

Cosa è credibile: in un futuro non troppo lontano avremo certamente a disposizione robot molto avanzati che potranno fare molti lavori al posto nostro - ed è altrettanto probabile che almeno all'inizio solo i più ricchi potranno permetterseli. Dopotutto già oggi abbiamo robot in casa, per quanto ben lontani dal protagonista del film.

Cosa non è credibile: il percorso evolutivo di Andrew appare del tutto arbitrario, e soprattutto nasce in contesto dove gli input sono piuttosto scarsi. Se c'è una cosa di cui siamo abbastanza sicuri, e che gli algoritmi di una AI hanno bisogno di molte informazioni per continuare a evolversi e migliorare. Dopodiché, anche il modo in cui cambia Andrew, allontanandosi dalla propria programmazione e acquisendo nuove caratteristiche, è perlomeno sospetto se lo si osserva cercando di applicare quanta più freddezza analitica possibile - ma è difficile con un film tanto emozionante. 

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