L'uomo tornerà sulla Luna e costruirà una base permanente, si può fare

Secondo uno studio economico commissionato dalla NASA l'uomo potrebbe tornare sulla Luna entro il 2022 e stabilire una base permanente dal 2027.

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a cura di Elena Re Garbagnati

In occasione del 46mo anniversario dello sbarco sulla Luna da parte dell'equipaggio dell'Apollo 11 la NASA ha comunicato di avere in mano uno studio economico che dimostra come l'uomo potrebbe tornare sulla Luna entro il 2022 e costruire una base permanente dal 2027 senza bisogno di forti investimenti.

Non si parla di tecnologia, dato che si dà per scontato che la Luna sia alla nostra portata e che non servano tecnologie rivoluzionarie per arrivarci, come quelle allo studio per Marte per esempio.

Uomo sulla Luna

Lo studio - in parte finanziato dalla NASA – è stato redatto da NexGen Space LLC e ha già incassato l'appoggio dalla National Space Society (NSS) e dalla Space Frontier Foundation (SFF). Secondo gli esperti l'Agenzia Spaziale statunitense può pianificare una missione umana sulla Luna entro i prossimi cinque-sette anni, e costruire una base permanente nei 10-12 anni successivi, senza sforare dall'attuale budget per il volo spaziale umano.

Per farlo alla NASA basterebbe adottare la stessa modalità già in auge per i rifornimenti della Stazione Spaziale Internazionale (e che sarà declinata anche per i voli di trasporto dell'equipaggio), ossia partenariati pubblico-privati con aziende come SpaceX, Orbital ATK, o United Launch Alliance.

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Base lunare - Ricostruzione grafica

In sostanza, secondo lo studio "Economic Assessment and Systems Analysis of an Evolvable Lunar Architecture that Leverages Commercial Space Capabilities and Public-Private-Partnerships" così facendo la NASA potrebbe tagliare il costo di un insediamento stabile dell'uomo sulla Luna "di un fattore 10". Parliamo in sostanza di un risparmio di tale portata da permettere alla NASA di espandere le sue ambizioni per l'esplorazione lunare senza superare i finanziamenti di 4 miliardi di dollari l'anno che incassa per il programma di volo spaziale umano.

Lo studio comprende esempi concreti come il costo del rifornimento che SpaceX addebita alla NASA per i rifornimenti alla ISS. SpaceX attualmente fa pagare alla NASA circa 4.750 dollari per ogni chilogrammo inviato in orbita mediante il suo razzo Falcon 9. Una cifra che è di gran lunga inferiore a quello che costava una missione analoga all'epoca degli Apollo e dei Saturn V (46 mila dollari al chilo). Prendendo in esame i razzi SpaceX di prossima generazione, i Falcon Heavy, il costo al chilogrammo dovrebbe scendere ulteriormente rispetto al Falcon 9.

Propellant Depot fueling a Mars Transit Vehicle and Crewed Waystation 0
Rifornimento per le astronavi dirette su Marte?

Altro parametro da considerare è che una base permanente sulla Luna potrebbe dare il via all'estrazione di idrogeno e altri materiali, che potrebbero essere rivenduti, lasciati ai partner per rientrare degli investimenti o impiegati per le missioni future – per esempio su Marte. L'importante è selezionare più di un partner privato e definire per ciascuno obiettivi e attività da svolgere.

Nello studio di NexGen c'è tutto quello che la NASA dovrebbe fare passo passo, dall'invio di un robot sulla Luna nel 2017, a quello di rover per la perlustrazione dei poli lunari nel 2018 (lì si pensa di poter estrarre l'idrogeno), e via dicendo.

Lo studio prende in considerazione anche eventuali rischi, come quelli legati ai problemi e ai costi di sviluppo e costruzione di una base lunare, e le strategie da adottare in caso di perdita di un veicolo al lancio, di un lander, e finanche la perdita di equipaggio.

Insomma sulla carta sembra che tutto quadri, se si riusciranno a convincere gli investitori privati. Per sapere come potrebbe andare nella realtà bisognerà aspettare che il piano si concretizzi, sempre che accada.

Per ora lo studio è stato vagliato e approvato da un gruppo indipendente di 21 persone che comprende ex manager dell'amministrazione NASA, esponenti della comunità di volo spaziale commerciale, quattro ex astronauti NASA e Tom Moser, il primo direttore del programma per la Stazione Spaziale Internazionale, che sa bene come sia difficile convincere la gente dei benefici dei grandi programmi spaziali.