Mars One è un epic fail, parola di astronauta

Secondo un astronauta canadese il progetto Mars One è profondamente sbagliato, manca lo sviluppo delle tecnologie per assicurarsi la vita su Marte. Dovremmo partire per la Luna e lavorare duro per capire come sopravvivere lì, poi pensare a Marte.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Il progetto Mars One per la colonizzazione di Marte in diretta TV è una trovata mediatica incentrata sulla raccolta fondi che nella migliore delle ipotesi non porterà a nulla. È quello che traspare dalle osservazioni dell'astronauta dell'agenzia spaziale canadedr Chris Hadfield.

Da quando la Fondazione Mars One ha scoperto le carte sono state molte le critiche al progetto, ultima quella dei dottorandi del MIT che a conclusione di una serie di esperimenti hanno previsto che i primi coloni di Marte moriranno di fame o asfissia. Coloro che fin da subito si sono espressi con maggiore astio sono stati astronauti ed ex astronauti, ovvero i pochi sulla Terra che hanno un'idea di cosa significhi viaggiare nello Spazio. Secondo Robert Thirsk per esempio colonizzare Marte è una missione suicida. Hadfield in un'intervista con Elmo Keep di Medium entra ancora più nel vivo e pone tutta una serie di domande che al momento non hanno risposta e che secondo lui (e non solo) sono cruciali per dare fondamento e concretezza.

Marte

Marte

Riepiloghiamo brevemente di cosa si tratta: avviare una colonia di esseri umani che vivranno su Marte, con una missione di sola andata nel 2025. Partiranno per prime quattro persone, e i candidati abbondano. Ricordiamo che pullulano anche i volontari italiani e i minorenni.

Il tam tam mediatico è pressoché costante sia perché c'è bisogno di raccogliere fondi per finanziare il progetto, sia perché c'è bisogno di candidati da selezionare e da addestrare per tempo se si vuole partire. Questo approccio però secondo Hadfield è profondamente sbagliato.

Chris Hadfield sulla ISS

Chris Hadfield sulla ISS

In primo luogo perché sviluppare la tecnologia necessaria per il viaggio è il punto di partenza per qualsiasi missione spaziale. "C'è un ottimismo autolesionista nel modo in cui è stato presentato questo progetto" secondo Hadfield, "temo che la gente resterà delusa, perché la partenza viene data per certa".

veicoli spaziali

Veicoli e tute spaziali: tutto da provare

Però non è così – almeno si spera. Da una parte è vero che Mars One sta stringendo accordi con aziende come SpaceX per procurarsi la tecnologia adeguata per il lancio, e con Paragon Space Development Corporation per studiare i sistemi di supporto vitale iniziali.

Però Hadfield frena: se non ci sono ancora le specifiche del veicolo spaziale non si può iniziare a selezionare le persone che dovranno viverci e lavorarci. Inoltre le domande aperte sono troppe, e molti scettici se le stanno ponendo fin dall'inizio: "voglio vedere le specifiche tecniche del veicolo in orbita terrestre, voglio sapere come funziona una tuta spaziale su Marte, com'è pressurizzata, come mantiene la temperatura" chiede Hadfield. Che va ben oltre, dicendo che persino l'obiettivo è sbagliato. Marte non dovrebbe neanche essere un obiettivo per la colonizzazione; a questo punto del progetto la base spaziale dovrebbe essere in un luogo molto più vicino, come per esempio la Luna, "per alcune generazioni".

Il motivo è semplice: la Luna è circa 600 volte più vicina alla Terra di Marte, quindi se qualcosa dovesse andare storto nell'eventuale colonia si potrebbero spedire aiuti dalla Terra in poche ore, non mesi. Una missione di lunga durata di questo tipo inoltre potrebbe trovare risposte a domande fondamentali: come si fa a riciclare completamente l'acqua e l'ossigeno? Come si proteggono efficacemente le persone dalle radiazioni? Come si fa a non impazzire? Qual è la politica più efficiente per la gestione e il comando di una base spaziale, che preservi i residenti da errori fatali per la vita?

Non sono quisquilie, anzi, solo quando padroneggeremo le risposte saremo pronti per partire per Marte. Certo l'entusiasmo, lo spirito di esplorazione che contraddistingue l'uomo e la curiosità per l'ignoto sono una spinta forte per Mars One, ma lasciare spazio all'incoscienza è rischioso. E come ricorda Hadfield "non è una gara, non è un evento di intrattenimento. Non dobbiamo esplorare lo Spazio per intrattenere gli altri".

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Piuttosto se vogliamo intrattenerci facciamolo davanti a contenuti frutto di geniale fantasia, come per esempio quelli del nuovo cortometraggio Wanderers dell'artista svedese Erik Wernquist, che fonde perfettamente visioni mozzafiato dello Spazio prese dagli archivi NASA e ESA  e le parole di Carl Sagan mentre leggeva alcuni passaggi del suo libro Pale Blue Dot: A Vision of the Human Future in Space. Pura poesia.