Oggetti tridimensionali nelle vecchie foto: it's magic!

Un gruppo di studenti universitari ha trovato il modo per integrare alla perfezione nelle vecchie foto oggetti estranei, anche tridimensionali, in pochi e semplici passaggi. L'applicazione potrebbe essere immediata nell'ambito dei videogiochi e del cinema. Ecco come funziona.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Inserire oggetti tridimensionali all'interno di una vecchia fotografia, senza che nessuno si accorga dell'aggiunta postuma, a quanto pare sta per diventare un gioco da ragazzi. Il trucco l'hanno trovato quattro studenti dell'Università dell'Illinois, che hanno escogitato il metodo per associare le caratteristiche di illuminazione di una foto originale a qualsiasi oggetto 3D estraneo.

Il problema dell'integrazione di oggetti nelle immagini è infatti relativo all'illuminazione e alle ombre che caratterizzano l'ambiente originale e che, se non riprese alla perfezione dal nuovo arrivato, fanno capire che è stato aggiunto in un secondo momento, con un effetto sgradevole e sicuramente inadeguato a un prodotto di qualità professionale.

Un esempio di integrazione di un oggetto 3D in una vecchia foto - clicca per ingrandire

Kevin Karsch, Varsha Hedau, David Forsyth e Derek Hoiem sostengono che il metodo che hanno messo a punto non richiede l'inserimento di informazioni supplementari riguardanti la scena in cui si vuole inserire l'oggetto 3D o la posizione in cui dovrà essere posto. 

La tecnica, inoltre, consente di aggiungere qualsiasi elemento, anche "oggetti composti da materiali a incandescenza diffusa, speculari e tridimensionali". La nuova tecnica, inutile dirlo, ha ottime prospettive di applicazione nell'industria del cinema e dei videogiochi, ma anche nelle simulazioni d'arredo.

Tutto parte dalla creazione di un modello fisico della scena riprodotta nell'immagine originale, così da poter renderizzare un oggetto estraneo all'interno dell'ambiente originario, facendolo interagire con tutti gli altri elementi della scena, comprese le fonti luminose, l'intensità della luce e le ombre che si vengono a creare di conseguenza. Un'operazione di questo tipo era già possibile in passato, ma richiedeva molti più passaggi e calcoli complessi sulla scena da modificare.

Un algoritmo semiautomatico rileva le fonti luminose sulla scena originale, compresi gli eventuali oggetti integrati in un secondo momento, mentre uno di decomposizione sfrutta le forme geometriche degli oggetti e i tipi di materiali con cui sono costruiti per calcolare i riflessi e le ombre in modo che sembrino del tutto originali. I passaggi sono schematizzati nelle immagini che abbiamo incluso nella galleria fotografica che potete vedere qui sotto.

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Secondo i quattro studenti, il risultato si potrebbe facilmente confondere con un originale. Per saperne di più potete dare un'occhiata al sito con la descrizione dettagliata del progetto.