Open Data colpiti e affondati dall'ente inutile PRA

Succede a Milano: il PRA vuole dal Comune un milione di euro ogni anno per accedere alla propria banca dati. Un milione per controllare se una targa appuntata su una contravvenzione sia giusta e a chi sia intestata l’auto. Così si uccidono anche gli open data. Non era un ente inutile?

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a cura di Pino Bruno

Se c'è un ente inutile più inutile degli altri, quello è senz'altro il PRA, il Pubblico Registro Automobilistico. Pure l'ex commissario alla revisione della spesa, Carlo Cottarelli, ha provato – invano – a chiuderlo dopo aver proposto di unificarlo con l'ACI (altro ente inutile). L'inutile doppione doveva essere superato dal primo marzo scorso ma poi non è successo nulla. D'altronde va così da sempre. Anzi, il PRA non sono continua a esistere, ma cerca di mettere la sabbia negli ingranaggi dell'eGovernment, cioè la trasformazione della polverosa burocrazia italica in una macchina (anche) tecnologicamente efficiente.

Prendiamo il caso degli open data, i dati aperti e trasparenti delle singole amministrazioni pubbliche. Anche in questo caso il PRA si è messo di traverso e – come racconta oggi Dario Di Vico sul Corriere della Sera in edicola – sta dando filo da torcere al Comune di Milano.

"Il PRA, che dipende dal Ministero dei Trasporti – scrive Di Vico - vuole dal Comune di Milano un milione l’anno per accedere alla propria banca dati. Un milione per controllare se una targa appuntata su una contravvenzione sia giusta e a chi sia intestata l’auto. In passato le amministrazioni facevano esattamente così, per passare dati ad altri enti — comprese le università — si facevano pagare.

Con gli "open data" questo sistema medievale doveva essere rottamato e così hanno fatto diverse amministrazioni. Non il PRA che ha scritto una lettera di tre pagine per sostenere il diritto all’aggio. Il testo è la quintessenza del burocratese "orbene", "in primis" e "non v’è chi non veda", la citazione di DPR, pareri del Consiglio di Stato, una valanga di commi.

E la perfida conclusione, scrive Di Vico: "La presente nota è estesa per conoscenza al ministero dell’Economia per le evidenti implicazioni di finanza pubblica. Il miracolo è fatto: una questione di rapporti tra amministrazioni sulla circolazione dei dati diventa 'questione di finanza pubblica', si accendono i lampeggianti e ne viene messo a conoscenza il ministro Piercarlo Padoan".

"Milano – conclude l'autore - ha dunque, deciso di scrivere a palazzo Chigi e al ministero dei Trasporti ma soprattutto di portare il PRA davanti a un giudice, con molta probabilità il Tar della Lombardia. Aspettiamoci una sentenza in cui sarà rivisitata tutta la letteratura giuridica in materia e sarà emesso il fatidico verdetto. Che, 90 su 100, sarà impugnato dal ministero dei Trasporti. Amen".

E pensare che esiste una "Licenza italiana per i dati aperti", come si legge sul sito ufficiale del Governo Italiano: è stata "progettata per permettere a tutte le pubbliche amministrazioni italiane di diffondere i propri dati… la licenza Italian Open Data License (IODL) è stata sviluppata da Formez PA e ha lo scopo di promuovere la 'liberazione' e valorizzazione dei dati pubblici secondo la linea già tracciata dal Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione con la pubblicazione del nuovo Codice dell’amministrazione digitale, che all’Articolo 52 pone in primo piano la responsabilità delle pubbliche amministrazioni nel rendere disponibili i propri dati in modalità digitale".

Chi glielo dice al PRA?