Ossigeno su Marte: ecco come i futuri esploratori potrebbero produrlo

Un gruppo di ricerca del Caltech studiando le comete ha scoperto che la reazione che produce ossigeno su questi corpi celesti può essere riprodotta in laboratorio, e forse su Marte.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Uno dei tanti problemi che dovranno affrontare gli esseri umani che andranno su Marte è la carenza di ossigeno. Diversi studi stanno valutando soluzioni per produrlo, una nuova e interessante idea arriva dal California Institute of Technology (Caltech) di Pasadena. Un gruppo di ricercatori sta pensando di replicare una reazione che avviene sulle comete per generare ossigeno molecolare, due atomi di ossigeno che si uniscono formando aria respirabile.

L'idea non è di far schiantare raffiche di comete su Marte, ma di usare lo stesso metodo per la produzione di ossigeno che avviene su questi corpi celesti. Studiandole, infatti, i ricercatori hanno scoperto una nuova reazione. La maggior parte di questi corpi ghiacciati ha origine in una zona lontana del Sistema Solare nota come Nube di Oort, situata oltre l'orbita di Nettuno. Quando l'orbita di una cometa la avvicina al Sole, il calore sublima il ghiaccio creando lunghe che possono allungarsi per migliaia di chilometri nello Spazio.

Era già noto che questo fenomeno avviene tramite l'energia cinetica, e il vento solare (il flusso costante di particelle provenienti dal Sole) che agisce sulle molecole d'acqua. Se sulla superficie della cometa sono presenti composti contenenti ossigeno, le molecole di acqua possono "strappare" gli atomi di ossigeno e produrre ossigeno molecolare.

La scoperta del Caltech è che l'ossigeno molecolare può essere prodotto anche attraverso reazioni di biossido di carbonio. Yunxi Yao e Konstantinos Giapis hanno simulato questa reazione caricando elettricamente singole molecole di anidride carbonica e poi accelerandole usando un campo elettrico. Si sono così schiantate su una lamina d'oro. Poiché la lamina d'oro non può essere ossidata, da sola non dovrebbe produrre alcun ossigeno molecolare. Ma quando l'anidride carbonica si avvicina alla lamina ad alta velocità, la superficie dell'oro emette ossigeno molecolare. "Questo significa che entrambi gli atomi di ossigeno provengono dalla stessa molecola di CO2 [biossido di carbonio], dividendola efficacemente in modo straordinario".

Yao e Giapis reputano che la reazione si possa verificare anche ad una velocità inferiore, il che potrebbe spiegare perché c'è dell'ossigeno che "galleggia" nell'atmosfera marziana. Giapis ha inoltre teorizzato che la piccola concentrazione di ossigeno atmosferico su Marte non sia generata dalla luce ultravioletta proveniente dal Sole che colpisce le molecole di biossido di carbonio presenti nell'aria, come si pensava. Secondo Giapis l'ossigeno marziano potrebbe anche essere generato da particelle di polvere, accelerate ad alta velocità nell'atmosfera, che si schiantano in molecole di anidride carbonica.

Secondo Giapis il reattore usato per gli esperimenti (che produce una o due molecole di ossigeno per ogni 100 molecole di anidride carbonica) potrebbe essere modificato per creare aria respirabile dagli astronauti su Marte. Sulla Terra, invece, potrebbe essere sfruttato per estrarre dall'atmosfera l'anidride carbonica (che è anche un potente gas serra e il principale motore del riscaldamento globale ) e convertirla in ossigeno.

È la soluzione di tutti i problemi? Giapis è cauto e realista e risponde di "no. E non è nemmeno un dispositivo in grado di risolvere il problema di Marte. Ma è un dispositivo che può fare qualcosa che è molto difficile, stiamo facendo cose pazzesche con questo reattore".

Mentre i ricercatori del Caltech continuano a lavorare, la NASA sta per testare il dimostratore tecnologico MOXIE che sarà lanciato la prossima estate e atterrerà sul pianeta rosso nel febbraio 2021. MOXIE dovrebbe dividere elettrochimicamente il biossido di carbonio atmosferico e dare ossigeno alle persone sul Pianeta Rosso.

Marte vi appassiona? Leggete Progetto Marte. Storie di uomini e astronavi, scritto da  Wernher von Braun e tradotto dal grande Giovanni Bignami.