Post diffamatori: la responsabilità è sempre dei lettori

La Cassazione sostiene che i direttori delle testate online non possono essere considerati responsabili dei post diffamatori dei lettori. Ribadita la differenza tra testate online e cartacee. La norma penale che punisce l'omesso controllo non è stata pensata per il Web.

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a cura di Dario D'Elia

La Cassazione ha stabilito che il direttore di una testata online non è responsabile dei post pubblicati dai lettori a commento degli articoli. L'ex direttore dell'edizione digitale dell'Espresso Daniela Hamaui è stato così salvato dalla condanna della Corte di Appello di Bologna per omessa rimozione di un commento diffamatorio.

Come aveva fatto notare il legale della difesa "non era un commento giornalistico, ma un post inviato alla rivista e cioè un commento di un lettore che viene automaticamente pubblicato, senza alcun filtro preventivo". 

Cassazione

La Suprema Corte (sentenza 44126) non solo ha ribadito una differenza strutturale tra l'editoria cartacea e quella elettronica ma anche l'impossibilità per un direttore di impedire la pubblicazione di commenti lesivi. "[…] la norma penale che punisce l'omesso controllo non è stata pensata per queste situazioni, perché costringerebbe il direttore ad una attività impossibile, ovvero lo punirebbe automaticamente ed oggettivamente, senza dargli la possibilità di tenere una condotta lecita", scrivono i giudici

Interessante poi rilevare che per la Cassazione si può parlare di stampa in senso giuridico solo se vi sia riproduzione tipografica e pubblicazione attraverso una effettiva distribuzione tra il pubblico. Insomma, l'immaterialità parrebbe aver salvato Daniela Hamaui. E di fatto acceso ulteriormente il dibattito sulle differenze tra stampa cartacea e stampa online. Per altro bisognerebbe ricordare che la procedura di registrazione di una testata online avviene presso il tribunale come avviene con la carta.

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A questo punto la domanda è spontanea: se i direttori non sono responsabili dei post dei lettori, quest'ultimi saranno finalmente liberi di esprimersi senza alcun ritegno? Assolutamente no.

Come ha già spiegato in passato l'avvocato IT Giuseppe Croari dello Studio Fioriglio-Croari gli utenti possono rischiare di essere querelati in prima persona per diffamazione. Citando ad esempio il caso di comportamenti scorretti attuati da venditori online, la reazione non può essere smodata.

"Il mancato rispetto dei termini di vendita, costituisce un illecito civile, di natura contrattuale, che non giustifica offese e denigrazioni all'onore e alla reputazione del negoziante. La critica quindi potrà anche essere spietata ma dovrà pur sempre rientrare nel buon senso", spiegava Fioriglio nell'articolo Diffamazione online, come non farsi querelare.

Costituiscono diffamazione:

  • le informazioni false, meramente insinuanti, le subdole allusioni (anche se riportate in forma dubitativa);
  • le parole offensive, gli epiteti denigratori e gli accostamenti lesivi socialmente interpretabili come offensivi;
  • le informazioni denigratorie (se pur vere) che non rientrino nel pubblico interesse e non siano riportate con obiettività e correttezza di forma;
  • le frasi altrui con le caratteristiche di cui sopra, anche se riprese da altri e riportate tra virgolette

La considerazione finale è che una testata online può decidere di non voler ospitare commenti diffamanti perché crede nel confronto e nel dibattito civile. Quindi anche se la Cassazione ha stabilito che la responsabilità dei commenti è fondamentalmente di chi scrive, noi continueremo a non tollerare eventuali abusi.

Forma e sostanza vanno a braccetto.