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a cura di Pino Bruno

A dodici anni dalla sua istituzione, la Posta Elettronica Certificata (PEC) è diventata uno strumento d'uso di cittadinanza digitale sempre più frequente. Nel solo 2017 sono state trasmesse quasi un miliardo e mezzo di comunicazioni via PEC, con circa 9 milioni di caselle attivate. La media è di 4 milioni di messaggi scambiati al giorno. I dati sono costantemente aggiornati dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID): quasi un milione di account in più rispetto al 2016. Sono obbligati a usare la PEC le pubbliche amministrazioni e i professionisti, ma Aruba - il gestore più importante - sottolinea la crescita di attivazioni di caselle da parte di cittadini privati, che rappresentano il 39% del totale.

Che la PEC sia comoda è indubbio. È alternativa alla tradizionale raccomandata con ricevuta di ritorno - ha lo stesso valore legale - e il costo annuo - poco più di 5 euro - si ammortizza evitando di spedire un paio di raccomandate. E poi si può spedire/ricevere senza fare code, da casa o tramite smartphone. Ogni pubblica amministrazione ha una PEC, che si tratti di una scuola, del comune, del fisco, eccetera. Quanto ai professionisti, c'è un elenco, così come c'è un motore di ricerca PEC delle imprese. Gli elenchi sono a cura del Ministero per lo sviluppo economico, la piattaforma è un po' datata e andrebbe resa più usabile ma i dati sono abbastanza aggiornati.

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Aruba ricorda che ci sono molti casi in cui una semplice PEC è tutto ciò che serve per portare avanti le attività quotidiane: inviare documenti legali privati e di lavoro, scambiare corrispondenza dal valore legale con l'INPS, l'INAIL, con la scuola o l'università, comunicare con enti pubblici locali, partecipare a bandi e gare d'appalto. Oppure richiedere il cambio di residenza, contestare formalmente un comportamento illecito, comunicare uno stato di malattia, iscriversi a concorsi, disdire un contratto, diffidare e mettere in mora un debitore, interrompere i termini di prescrizione, chiedere un certificato al Comune o a qualsiasi PA, comunicare un avvenuto pagamento e poterlo provare, proteggere i diritti d'autore di un testo, eccetera. 

email pec digitale

Complessivamente si tratta di uno strumento utile e alla portata di tutti, che tre anni fa ha mandato in pensione l'esperimento disastroso della CEC-PAC gratuita che funzionava solo ed esclusivamente con le amministrazioni pubbliche. D'altronde il problema non è il costo, bensì la capacità di risposta della burocrazia. Accade spesso che le PEC inviate alle PA restino senza risposta, ma è colpa dell'ignavia del burocrate non dello strumento informatico. Comunque l'inefficienza della macchina amministrativa è un altro tema.

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Tornando alla PEC, adesso c'è la sfida dell'interoperabilità con il resto dell'Europa. Come hanno ricordato qualche giorno fa sul nostro giornale i legali Loredana Spezzano e Cristina Brilli, "il panorama europeo è attualmente molto disomogeneo su questo fronte. Da un lato, infatti, esiste una variegata tipologia di sistemi simili alla PEC nostrana, operanti negli altri Stati membri dell'UE. Dall'altro lato, si tratta di sistemi che, prevalentemente, non sono interoperabili con quelli degli altri Stati, in quanto sviluppati e predisposti per operare esclusivamente nell'ambito dei territori nazionali".

L'Unione Europea è comunque al lavoro e l'armonizzazione dei vari strumenti nazionali dovrebbe vedere presto la luce. Il prossimo passaggio sarà il 29 settembre 2018, quando diventerà obbligatorio nel territorio europeo il riconoscimento transfrontaliero dei sistemi di identificazione elettronica notificati dagli Stati membri.

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Il futuro della PEC e il riconoscimento in Europa