Predator italiani. Viaggio nella base di Amendola, dove osano le Streghe

Gli inviati di Tom's Hardware nella base dell'Aeronautica Militare di Amendola, in Puglia, dove operano gli equipaggi delle "Streghe", i Predator A+ e B. Tecnologia, intelligence e professionalità. Adesso i droni sono impegnati nel Corno d'Africa, contro i pirati, e nella Penisola Arabica, per sorvegliare i territori controllati dall'Isis.

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a cura di Roberto Buonanno

CEO

Introduzione

Non lasciatevi fuorviare dal simbolo del reparto, con la strega Nocciola che cavalca una scopa al cui apice c'è una vecchia fotocamera a soffietto. Ben altri sono gli strumenti adottati dal 28° gruppo "Streghe" del 32° Stormo dell'Aeronautica Militare di Amendola per sorvegliare con gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto le zone di operazione. Un concentrato di tecnologia avanzata e avionica, professionalità e intelligence.

28° gruppo "Streghe"

Adesso, ad esempio, i Predator italiani stanno operando nel Corno d'Africa, per individuare i barchini dei pirati che imperversano al largo della Somalia e nella penisola arabica con la coalizione internazionale anti Isis. Fino a pochi mesi fa, per un anno, i velivoli teleguidati hanno sorvolato il Mediterraneo nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum e hanno contribuito a salvare molte vite umane. Gli occhi acuti delle "Streghe" hanno individuato le barche alla deriva cariche di profughi e fatto convergere le unità di soccorso. I filmati ad alta risoluzione hanno permesso anche di individuare gli scafisti. 

"Droni" disarmati

Gli APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) dell'Aeronautica Militare Italiana - più comunemente conosciuti come droni - sono equipaggiati con sistemi di sorveglianza e ricognizione. Una scelta precisa del Governo e del Parlamento. A bordo hanno parabole, sensori, telecamere e fotocamere ma non armi. Nelle aree di conflitto, come in Afghanistan, hanno sempre e soltanto fornito intelligence e supporto ai reparti a terra. Numerosi convogli non sono saltati sulle mine o caduti nelle imboscate perché le "Streghe" di Amendola sorvegliavano il percorso e segnalavano tutte le attività sospette.

APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) dell'Aeronautica Militare Italiana

La base dell'Aeronautica che ospita anche i sistemi Predator è ai piedi del Promontorio del Gargano, a pochi chilometri da Foggia e dal Golfo di Manfredonia. Dalla palazzina di comando del 28° Gruppo si intravedono, a qualche centinaio di metri di distanza, le grandi parabole satellitari che fanno parte del complesso sistema di guida del Predator A+ (MQ-1) e del più grande ed evoluto B (MQ-9A).

APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) dell'Aeronautica Militare Italiana

L'area operativa è una base nella base, protetta da ulteriori recinzioni e telecamere di sorveglianza. Può accedervi soltanto il personale autorizzato e per i giornalisti c'è bisogno di un permesso dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare. Possiamo fotografare i due droni sul piazzale davanti agli hangar (che custodiscono gli altri) ma non parabole o apparati di trasmissione e i sensori contenuti nella cupola sotto la pancia degli APR. Parte della tecnologia è top secret

Visti da vicino

Visti da vicino, questi oggetti volanti sono davvero incredibili. Fotografie e filmati non rendono l'idea delle dimensioni. Il Predator A+, quello più "piccolo", è lungo nove metri e ha un'apertura alare di 17 metri.

Predator A+

Il Predator B è lungo undici metri e un'apertura alare di venti metri. Hanno più o meno le dimensioni di un Piper. Questi due bestioni riescono a stare in aria anche ventiquattr'ore di seguito e a raggiungere rapidamente la zona in cui devono operare. Il Predator A+, spinto da un motore a cilindri, vola fino a circa 200 chilometri all'ora, mentre il B ha un motore a turboelica e può toccare i 420 km/h.

Predator B

L'elica è in coda, i sensori nella cupola sotto la pancia, sul muso ci sono le telecamere per la guida del velivolo, mentre i sistemi di trasmissione e ricezione sono sistemati nella torretta senza vetri, che ricorda un po' quella degli aerei tradizionali.  

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L'equipaggio

I Predator sono costruiti negli Stati Uniti dalla General Atomics Aeronautical Systems. In Europa sono in dotazione alla britannica RAF e all'Armée de l'Air francese oltre che all'Aeronautica Militare italiana. Nella base di Amendola lavorano un migliaio di militari e sono parecchi gli uomini e le donne assegnati alle "Streghe". Ci sono i piloti, gli operatori dei sensori, i supervisori della missione, gli analisti di immagini e il personale della manutenzione, che si occupa di avionica e meccanica.

Incontrarli, parlare con loro, vederli in azione, è stata un'altra sorpresa. Tutt'altro che fanatici dei videogames di guerra o personaggi di film come Top Gun. Abbiamo conosciuto persone che sanno il fatto loro e hanno dimostrato un approccio lucido e professionale al compito assegnato. I piloti dei Predator sono ufficiali di grande esperienza, che alternano la guida degli APR a quella degli aviogetti Aermacchi MB-339 del 32° Stormo, per mantenere gli standard di sicurezza del volo con le due tipologie di velivoli. 

28° gruppo "Streghe" del 32° Stormo dell'Aeronautica Militare di Amendola

Comandare e guidare un APR è dunque una fase del percorso professionale, perché lo stesso ufficiale potrebbe essere assegnato ad altri aerei. Il pilota manovra con il sistema Line of Sight (LOS), oppure grazie al sistema di guida satellitare Beyond Line of Sight (BLOS). Nel primo caso non c'è praticamente ritardo tra gli input dati dal pilota e la risposta del velivolo, e per questo è usato nelle operazioni di volo più "delicate", come decollo e atterraggio. 

Ground Control Station

Accanto al pilota, nella Ground Control Station (stazione mobile di pilotaggio) siede il Sensor Operator, il sottufficiale che governa i sensori. Ci sono due cockpit speculari. A sinistra c'è il pilota militare che è il comandante del velivolo. Ha un joystick e un throttle per gestire movimenti e potenza del motore.

La Ground Control Station è il centro nevralgico di ogni missione. La luce è soffusa e gli operatori hanno gli occhi puntati sui monitor e le mani ben salde sui comandi. È una simulazione, perché mai un giornalista potrebbe assistere a una vera missione, ma l'ufficiale che ci accompagna (e del quale non possiamo fare il nome per esigenze di sicurezza) dice che è questa l'atmosfera che si respira quando il Predator è in attività. 

Ground Control Station

Diversamente dai cockpit degli aerei, qui i sistemi touch screen simulano tutti i comandi. Dalla sua postazione il Sensor Operator controlla i sensori con comandi simili a quelli del pilota: anche lui ha a disposizione throttle e cloche. Con il primo agisce sullo zoom di videocamere e fotocamere, mentre con il joystick muove i sensori sugli assi. Il suo obiettivo è catturare foto e filmati della migliore qualità possibile, da sottoporre al gruppo degli analisti di immagine. Pilota e Sensor Operator di norma si alternano periodicamente alle loro postazioni. L'avvicendamento è fondamentale per mantenere lucidità e prontezza.

La valutazione delle immagini catturate dal drone passa dunque al vaglio degli analisti che lavorano in un'altra unità mobile, la Exploitation Data Station. Ogni fotogramma, ogni singola sequenza può contenere informazioni fondamentali per la missione.

Un esempio? Dal Predator in volo a più di cinque chilometri di altezza si può accertare, in base alle dimensioni fisiche e all'abbigliamento, se si sta inquadrando un uomo, una donna o un bambino.

Ground Control Station

"In alcune situazioni si riesce ad accertare se la gente è armata oppure no", ci dice l'ufficiale. Le ombre proiettate sul terreno contribuiscono all'analisi delle immagini. In certi casi è anche possibile individuare ordigni sepolti. Un operatore esperto deve affinare la sua capacità di analizzare dettagli minuziosi per stabilire se esistono rischi.

Per esempio, come si fa ad essere certi che la persona inquadrata ha in spalla un tappeto e non un RPG? Lo stesso ufficiale ci conferma che, con i sensori oggi in dotazione è impossibile identificare una persona dal volto oppure leggere la targa di un'automobile. Le cose che vediamo fare ai droni nei film o in serie tv come Homeland sono, appunto, pura fiction.

Gli analisti d'immagine devono essere almeno due. Dipende dalla delicatezza e dall'importanza dell'operazione. Lo Screener è in contatto costante in interfonico con il pilota ed è sempre concentrato sulle riprese in corso, mentre l'Exploiter al suo fianco, su un'altra postazione collegata in rete ultra-protetta, studia a fondo le immagini per trarne le informazioni necessarie.

Nella prima fase si fa uno snapshot, un'istantanea che viene trasmessa senza commenti, all'analista successivo. In questa seconda fase si aggiungono commenti e interpretazioni. La terza fase è la Mission Storyboard, il resoconto finale contenuto in una timeline. In pochi minuti, così, è possibile avere il quadro completo dei dati. La geolocalizzazione delle immagini è favorita da un software che ricorda Google Maps ma è molto, molto più potente e dettagliato

Ground Control Station

Dell'equipaggio di un Predator fa parte anche il supervisore della missione (Mission Monitor), un ufficiale esperto che è in stretto contatto con pilota, Sensor Operator e analisti di immagine, oltre che con il reparto o l'ente che ha commissionato quella particolare missione.

Infine c'è lo specialista in avionica, che fa parte del personale tecnico.  Anche il suo ruolo è importante, perché un drone è fatto al novanta per cento di elettronica, con numerosissimi switch e sensori, non tutti controllabili dal pilota. L'avionico tiene sotto controllo la telemetria di tutti i sensori (temperature, amperaggio, antenna, eccetera) e interviene immediatamente se c'è bisogno. 

Gli occhi del Predator

La cupola sotto la pancia del Predator ospita sensori in grado di filmare e fotografare oggetti e persone anche da grande altezza. L'importante è cercare di non finire in una nuvola, perché il ghiaccio è un nemico temibile. Gli Aeromobili a Pilotaggio Remoto hanno caratteristiche simili a quelle degli alianti e dunque sono molto sensibili al peso. Un deposito di ghiaccio sulle ali potrebbe causare seri problemi. In ogni caso gli standard di sicurezza di volo dei velivoli teleguidati sono molto elevati.

Ground Control Station

Le nuvole, invece, non ostacolano le riprese con il Syntethic Aperture Radar. Il SAR permette di scattare foto - e non video - con la stessa tecnica adottata dai satelliti, ed entra in azione quando gli altri sensori non possono operare. Il SAR ha anche la funzione Ground Moving Target Indicator (GMTI). È un sistema che sfrutta l'effetto doppler, cioè fa la scansione di un settore e rileva ogni movimento a terra. Si imposta il sensore in base alle dimensioni dell'oggetto che si sta cercando (un gommone, un camion, un'automobile) e GMTI fa il resto.

La Low Light TV (LLTV) ha invece un funzionamento simile a quello dei visori notturni dei soldati: amplifica le piccole fonti luminose sul terreno per agevolare la visuale, soprattutto all'imbrunire. I sensori possono anche essere impiegati in modalità "fusion" per integrare due tipologie differenti di immagini.

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I Predator possono anche trasmettere i video a terra, tramite il Remotely Operated Video Enhanced Receiver (ROVER), uno speciale computer portatile. Chiunque abbia giocato a Battlefield o Call of Duty sa di cosa parliamo. Il ROVER permette di visualizzare in tempo reale tutto ciò che vede il "drone". I reparti o i singoli militari che ne sono dotati possono eventualmente chiedere spostamenti del velivolo e nuove inquadrature.

Ground Control Station

La cupola del Predator contiene anche una telecamera diurna a colori e una a infrarossi, particolarmente versatile sia di giorno che di notte. 

Che differenza c'è tra Predator A+ e Predator B? Il B ha prestazioni migliori e può operare a quote più elevate. Inoltre è più veloce e può raggiungere più rapidamente le aree di interesse, con il vantaggio di una maggiore autonomia. Può infatti operare più a lungo sugli obiettivi richiesti.  

Nuovi scenari

Le "Streghe" di Amendola sono destinate a un ruolo sempre più importante anche sul territorio nazionale, come prevede l'accordo siglato il 27 novembre scorso tra Aeronautica Militare, Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri. I Predator del 28° gruppo potrebbero essere infatti impiegati "per controllare manifestazioni, stadi, strade, autostrade e sorvegliare aree specifiche". L'attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi ha fatto aumentare le misure di sicurezza in tutta Europa e le forze dell'ordine potrebbero chiedere l'intervento dei droni in situazioni ed eventi particolari.

Le "Streghe" di Amendola

D'altronde è già successo. Nel 2007 i Predator hanno partecipato alla sorveglianza dall'alto del vertice intergovernativo Russia–Italia a Bari e, nel 2009, del G8 all'Aquila. Il magazine statunitense di strategia militare C4ISR & Networks scrive, citando fonti riservate, che i "droni" militari italiani avrebbero anche preso parte a operazioni di monitoraggio antimafia in Sicilia. Di questi nuovi scenari, però, i militari della base pugliese non sono autorizzati a parlare.

Le "Streghe" di Amendola

Intanto, mentre lasciamo la base di Amendola, laggiù nel Corno d'Africa e nella Penisola Arabica altri equipaggi del 28° Gruppo sono impegnati nella caccia ai pirati che assaltano i mercantili al largo delle coste somale e a perlustrare dall'alto i territori occupati dall'Isis. Dove osano le "Streghe".