Processo più giusto se il giudice è un computer?

Il lavoro del giudice non è meccanico né automatico, ma entro certo limiti un'Intelligenza Artificiale è già in grado di replicarlo. Lo dimostra una ricerca inglese, dove il computer è arrivato allo stesso verdetto del giudice umano nell'80% dei casi.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

L'Intelligenza Artificiale cambierà il nostro mondo. Non tra cento danni, né tra cinquanta o tra dieci. Sta già succedendo, perché per portare cambiamenti radicali e profondi è sufficiente un'AI specializzata (narrow artificial intelligence). Quando saremo in grado di creare una AGI, un'AI generica, il cambiamento non potrà che accelerare.

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Per la differenza tra ANI e AGI, vedi anche: La rivoluzione AI, il cammino verso la Superintelligenza

È in tale scenario che si inserisce un affascinante ricerca svolta presso lo University College London (UCL, Londra, UK). Qui i ricercatori hanno creato un giudice virtuale, e gli hanno sottoposto diversi casi che sono stati trattati dalla Corte Europea per i diritti Umani.

Il risultato è che nel 79% dei casi il computer ha emesso lo stesso verdetto dei giudici in carne e ossa. La differenza del 20% è da attribuire a quei casi in cui la corte ha interpretato le leggi invece di applicarle alla lettera; situazioni in cui si può affermare che i giudici sono più realisti che formalisti, come suggerisce Chris Johnston sul Guardian.

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"Il giudice umano, a differenza di quello artificiale si attiene meno al dato letterale della norma e più a quello fattuale. In pratica egli impiega un numero maggiore di variabili date dal proprio background e da un'analisi attenta del rapporto tra norma e caso concreto", ci ha spiegato il dott. Giuseppe Laganà (Studio Legale Fioriglio Croari), a cui abbiamo chiesto alcune delucidazioni.

Proprio l'interpretabilità della legge ci impedisce, per ora, di ipotizzare che la macchina possa sostituire il giudice - ma nulla si oppone all'idea che possa accadere in futuro. Sono i ricercatori stessi a spiegare che questo sistema è pensato piuttosto come strumento di supporto tanto ai giudici quanto agli avvocati, "ma che di certo non può essere considerato come un valido sostituto", continua Laganà.

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Il risultato ottenuto dagli scienziati dell'UCL è comunque ammirevole e ci autorizza a immaginare un sistema legale, in futuro, più snello, più veloce, più preciso e più equo. Va considerato tuttavia che l'esperimento è stato fatto in uno scenario ben delineato. Passando a un sistema legale diverso i risultati potrebbero non essere altrettanto incoraggianti.

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Guardando all'Italia, ancora Laganà ci dice che "la struttura Costituzionale italiana e l'ordinamento giudiziario non ne renderebbero possibile l'attuazione. Inoltre la stratificazione normativa presente nel nostro paese, unitamente alla vastità di pronunce giurisprudenziali presenti, renderebbero particolarmente difficile il raggiungimento delle percentuali ottenute dal software mediante l'analisi delle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo", proprio in virtù del fatto che quest'ultima ha "competenza limitata alle violazioni delle disposizioni contenute nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali". Disposizioni che sono "di gran lunga inferiori rispetto al corpus normativo vigente in un qualsiasi Stato dell'Ue".

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Questa intelligenza artificiale, in altre parole, ha avuto un grande successo grazie anche al fatto che partiva da una base di dati limitata e un contesto relativamente controllato. Ne sono consapevoli anche i ricercatori: "ci aspettiamo che strumenti del genere possano migliorare l'efficienza delle corti più impegnate, ma per diventare realtà abbiamo bisogno di testarlo con più articoli e i dati forniti alla corte", ha commentato Dr Vasileios Lampos dell'UCL.

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Un passaggio che può sembrare un grande salto ma in verità è piuttosto semplice: come tante altre AI, anche questa impara leggendo, tramite meccanismi noti come Natural Language Processing e Machine Learning. Dandole un numero sufficiente di testi significativi, la svolta potrebbe essere più vicina di quanto ci si possa immaginare.

L'uso di AI in ambito legale, in ogni caso, è già una realtà in contesti diversi. A Londra e New York per esempio è possibile usare un chatbot per contestare una multa, e IBM Watson offre consulenza a diversi studi legali negli USA.