Programmi a punti: il Garante della privacy fa chiarezza sulla pubblicità

Il Garante della privacy sanzionando il programma a punti di Pampers ha ricordato che non si possono obbligare i clienti al consenso pubblicitario.

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a cura di Dario D'Elia

Il Garante della Privacy ha ribadito che i programmi di raccolta punti non possono obbligare i clienti “ad esprimere il consenso a ricevere pubblicità”. Il tema è emerso in concomitanza con la scoperta del comportamento illecito di una nota marca di pannolini (Pampers) che ha acquisito tramite una raccolta punti i dati dei suoi clienti e poi li ha sfruttati per inviare newsletter promozionali nei primi due mesi del 2018. Si parla di circa un milione di indirizzi mail.

“Ai clienti interessati alla raccolta punti, infatti, non veniva data la possibilità, come richiesto dalla normativa, di esprimere un consenso libero e specifico per le singole finalità di trattamento che la società intendeva svolgere, tra le quali vi era appunto l’attività promozionale”, spiega il Garante della privacy. “Per poter completare la registrazione e aderire al programma di fidelizzazione i clienti erano invece obbligati a rilasciare due consensi generici, uno per la società e uno per i marchi collegati”.

Insomma per aderire a un programma di raccolta punti e godere di bonus non si può imporre il consenso al trattamento dei dati a scopi pubblicitari. Per questo motivo è stato chiesto alla società di “modificare il form di raccolta dati presente sul sito, affinché gli utenti possano esprimere un consenso libero e informato per tale finalità”. Inoltre è stata applicata una sanzione amministrativa, già per altro pagata.

Da rilevare che i programmi di raccolta punti con premi o sconti sono uno degli strumenti più usati in ogni ambito (anche TLC) per sfruttare i dati degli utenti a scopo promozionale. E spesso non è consentito neanche scegliere: sui form cartacei si trovano sezioni pre-barrate e online o su app il consenso ai fini pubblicitari appare obbligatorio.