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a cura di Alessandro Crea

Tullio De Mauro, il grande linguista italiano, lo aveva detto in tempi non sospetti. Poi è stato il turno di Umberto Eco, che l'ha ribadito nel suo solito stile ironico e sferzante. Infine Enrico Mentana l'ha sintetizzato col geniale neologismo "webete". La sostanza però non cambia: in Italia il 28% della popolazione è composta di analfabeti funzionali. A certificarlo un recente studio realizzato dal PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), un programma ideato dall'OCSE, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Ma cosa significa anzitutto analfabeta funzionale? A differenza dell'analfabeta strutturale, l'analfabeta funzionale sa leggere, scrivere e far di conto, il problema è che non capisce quello che legge o meglio, non ha gli strumenti analitici e critici per avvantaggiarsi di quello che legge, ascolta o apprende, trasformandolo in benzina per il suo agire sociale e la sua attività lavorativa. Insomma non si tratta (solo) di leggere un manuale senza capirlo, ma di non avere gli strumenti adatti a formarsi un'idea propria e originale del mondo circostante e delle sue dinamiche.

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Dallo studio emerge che noi siamo al quarto posto nel mondo, alle spalle soltanto di Giacarta (69%), Cile (53%) e Turchia (47%) e appaiati con Spagna e Israele, mentre la Grecia ci segue, ma solo per un punto percentuale (27%). Insomma un triste primato su cui riflettere quando si parla di fake news e manipolazione. Qui il problema non è il Web, ma chi lo utilizza, con buona pace di Cambridge Analytica, tanto per restare sull'attualità.  

Osservando ancora i dati forniti da PIAAC apprendiamo che la maggior parte dei nostri connazionali privi di adeguati strumenti di decodifica del mondo vivono in egual misura al Sud (30.3%) e al Nord, specificamente nel Nord Ovest (30.2%), mentre dal punto di vista dell'età la percentuale sale man mano che dalla fascia dei 16-24 anni ci si avvicina ai 50, con gli over 55 che ne rappresentano la massima percentuale (42.50%).

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Ciò è dovuto ovviamente all'assenza della scolarità obbligatoria per chi è nato prima del 1953 ma anche alla maggiore presenza dell'analfabetismo di ritorno tra le fasce più adulte. Analfabeti funzionali infatti si diventa, ad esempio non sollecitando per molto tempo le competenze acquisite in precedenza, come la lettura, l'informazione, la creatività e lo sviluppo di un pensiero critico generale.

Literacy Problems

Com'era prevedibile dunque tra le categorie più colpite ci sono pensionati e casalinghe, da sempre tra le categorie lavorative più fragili e a rischio, oppure giovani che non studiano né lavorano. Ma come mai una percentuale così alta in un Paese industrialmente avanzato come il nostro? La risposta la dava sempre De Mauro, oltre 10 anni fa. Il fenomeno infatti deriva sempre da radici sociali ed economiche, ma soprattutto politiche. L'analfabetismo funzionale insomma fa comodo.