Renzi si muove (poco) per la banda larga e ultralarga

Il DEF 2014 approvato dal Governo Renzi contiene molti riferimenti all'Agenda Digitale. Per la banda larga e quella ultralarga tante promesse ma forse mancano i fondi.

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a cura di Dario D'Elia

Il DEF 2014 del Governo Renzi, ovvero il documento di programmazione economica e finanziaria, contiene molte indicazioni sullo sviluppo della banda larga e la banda ultra larga. Nulla che faccia realmente gridare al miracolo, ma come hanno sottolineato molti addetti ai lavori finalmente almeno un occhio di riguardo nei confronti dell'argomento. Al solito si tratta di inchiostro su carta e buoni propositi, poi per l'applicazione sul campo giudicheranno gli italiani.

Per quanto riguarda il Piano Nazionale Banda Larga si parla di "un regime d'aiuto di stato finalizzato al riequilibrio socio-economico dei territori". Un messaggio un po' criptico che indica un impegno solo nelle zone a fallimento di mercato: quelle dove gli operatori non investirebbero neanche sotto minaccia.

Matteo Renzi

Ebbene, per queste aree il Governo si impegna tramite Infratel Italia a realizzare cavidotti e portanti ottici per consentire agli operatori di fornire servizi da almeno 2 Mbps. Dove è già presente una linea, ma a basse prestazioni, saranno stabiliti incentivi per lo sviluppo di una rete secondaria fissa o mobile. L'ultima opzione è quella satellitare. Il Piano è già finanziato sia da 20 milioni di euro assegnati nel 2012 che dalle Regioni.

Secondo le analisi della Commissione UE, oggi in Italia il digital divide riguarda circa il 2% della popolazione. Non è una quota altissima, però è anche vero che in Europa ci sono già paesi con diffusione della connettività al 100%. Il dato è molto relativo perché il vero problema italiano è quello del digital divide culturale. L'Annuario Scienza, tecnologia e società 2014, del centro studi Observa Science in Society ha stimato che i cosiddetti "tecnoesclusi" in Italia sono esattamente il 37%. Un italiano su quattro non ha mai acceso un PC.

Il Piano Strategico Banda Ultralarga, autorizzato dalla UE nel 2012, prevede entro il 2020 i 30 Megabit per l'intera popolazione e 100 Megabit per il 50%. Anche in questo caso l'intervento pubblico riguarderà solo le aree bianche dove gli operatori non hanno intenzione di investire. Si parla di tre tipi di intervento. Realizzazione di cavidotti e posa di reti in fibra. Partnership con il privato per realizzare infrastrutture di accesso. Contribuzione pubblica per la realizzazione di collegamenti NGAN basata su incentivi agli operatori.

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In questo caso il problema più grande è dovuto al fatto che spesso l'incentivo dello Stato pari al 70% dei costi non è sufficiente per assegnare gli appalti. E così tocca un investimento pari al 100%.

Per realizzare l'Agenda Digitale italiana, che comprende com'è risaputo non solo lo sviluppo della banda larga, verranno impiegati gli 1,8 miliardi di euro del Fondo Europeo di sviluppo regionale – di cui il 77% per progetti del Sud Italia. L'investimento però non è sufficiente: ce ne vorrebbero almeno il doppio per rispettare l'obiettivo 2020. Sarà d'aiuto il privato? Arriverà un fondo straniero a salvarci? Chi può dirlo.

In linea di massima chi ha le reti in rame che fanno schifo se le tiene. Deve sperare che qualcuno porti la fibra ottica all'armadio di zona, ma questo avverrà nella migliore delle ipotesi entro sei anni. Chi vive nelle città più ricche oppure quelle grandi e medie entro due anni avrà sicuramente qualche opzione in più, ma non grazie allo Stato bensì grazie al mercato.

Se poi lo Stato si impegnerà a sburocratizzare il sistema di permessi legato alle opere ben venga. Ne saremo felici (per un minutino).