Responsabilità di chi dirige

Quando si scrive o si commenta un contenuto presente su Internet, di chi è la responsabilità?

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a cura di Tom's Hardware

La responsabilità di chi "dirige": blogger, moderatori, provider e direttori di testate telematiche

Se la posizione di "chi scrive e commenta" su blog e social network è divenuta via via più chiara e pacifica a seguito degli interventi della Cassazione, più complessa è, invece, la posizione di "chi dirige", dovendosi peraltro distinguere tra blogger, moderatori di forum e di chat, provider e direttori di testate telematiche.

Per quanto concerne il blogger, nei casi in cui questi assume la veste di "moderatore" filtrando i messaggi dei lettori prima di pubblicarli, lo stesso potrà essere chiamato a rispondere del reato di diffamazione "in concorso" con l'autore dei messaggi diffamatori, ove si accerti che il blogger abbia volontariamente scelto, dopo aver letto il messaggio, di continuare a diffonderlo in Rete. Per contro, nei casi in cui i messaggi dei lettori vengano automaticamente pubblicati, senza alcun filtro da parte del blogger, solo gli autori dei messaggi risponderanno di eventuali offese o reati, in quanto il nostro ordinamento non riconosce in capo al blogger alcuna posizione di garanzia rispetto agli articoli o ai messaggi di terzi pubblicati sul suo blog.

Del tutto simile alla posizione del blogger è quella dei moderatori di forum o chat, i quali, a differenza del direttore di un giornale cartaceo, rispondono solo a titolo di dolo nelle ipotesi in cui concorrano con l'autore di un messaggio diffamatorio nella diffusione del messaggio stesso.

I provider, ossia i c.d. intermediari della comunicazione, non sono mai responsabili dei reati commessi da terzi attraverso l'uso dei loro servizi, poiché la responsabilità penale è personale. Tuttavia, a carico del provider vi sono precisi obblighi di informazione e comunicazione, essendo egli tenuto ad informare senza indugio l'autorità giudiziaria o amministrativa, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un destinatario del suo servizio, nonché a fornire, su richiesta delle medesime autorità, le informazioni in suo possesso atte a consentire l'individuazione del destinatario del servizio, al fine di prevenire attività illecite. In questo senso potrebbe sussistere una responsabilità "concorrente" del provider nel momento in cui venga avvertito della presenza di contenuti costituenti reato sul suo spazio web e non si attivi per cancellarli o per avvertire le autorità competenti.

Quanto, infine, alla responsabilità del direttore di una testata telematica, la sentenza della Corte di Cassazione n. 35511/2010 ha sancito che, fatta eccezione per l'ipotesi di concorso, il direttore di un giornale online non è responsabile penalmente dei contenuti diffamatori ivi pubblicati, perché la sua figura non è equiparabile a quella del direttore di un periodico cartaceo. Infatti, la legge sulla stampa (l. n. 47/1948) individua una specifica figura professionale, ossia quella del direttore di un periodico cartaceo, cui spetta il compito di impedire il compimento di "reati a mezzo stampa": nozione, quest'ultima, non estensibile alle "pubblicazioni telematiche".

Nonostante l'intervento della Cassazione sul punto, permangono ancora oggi forti dubbi in merito alla responsabilità penale del direttore di una testata online in caso di articolo diffamatorio. Tuttavia, tali dubbi potrebbero trovare soluzione con l'approvazione definitiva del ddl. S. 1119, intitolato "Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale, al codice di procedura penale e al codice di procedura civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante nonché di segreto professionale. Ulteriori disposizioni a tutela del soggetto diffamato".

L'approvazione del predetto disegno di legge potrebbe, infatti, segnare la definitiva abolizione delle attuali distinzioni tra i diversi tipi di testate giornalistiche anche sotto il profilo della responsabilità penale, dando luogo ad un nuovo bilanciamento tra due interessi contrapposti, ma parimenti meritevoli di tutela: la libertà di espressione e il diritto all'onore e alla reputazione.