Revisione totale delle regole per farci spiare

Il Garante della Privacy concorda con la Corte di giustizia UE che ha invalidato la Direttiva sulla Data Retention. Occorrerà una revisione dell'attuale sistema nel segno del principio di proporzionalità e delle garanzie per i cittadini.

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a cura di Dario D'Elia

Il Garante della Privacy plaude alla sentenza della Corte di giustizia UE che ha invalidato la Direttiva sulla Data Retention. Si parla insomma delle regole che si occupano della gestione e l'archiviazione dei dati delle comunicazioni di tutti i cittadini europei. Fino ad oggi le telco sono state costrette a memorizzare da minimo 6 mesi a massimo 2 anni – in base alle leggi nazionali – ogni dato sensibile riguardante le telefonate o gli accessi online.

"La sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea va nella direzione da noi sempre auspicata di una più marcata tutela dei diritti", ha dichiarato il Presidente dell'Autorità, Antonello Soro.

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"I dati di traffico non sono informazioni neutre ma rivelano molto di tutti noi, della nostra vita privata. Una indifferenziata conservazione di questi dati per periodi molto lunghi espone quindi a grandi rischi. Con la sua decisione la Corte sottolinea, inoltre, l'esigenza che i dati oggetto di conservazione per ragioni di giustizia restino nel territorio dell'Ue con evidente riferimento alle recenti vicende del Datagate".

La questione di fondo è che l'equilibrio tra esigenze di sicurezza e privacy negli anni si è alterato, a dimostrazione che è soggetto alle conseguenze di eventuali fatti storici. È evidente che il timore per il terrorismo ha contribuito a perdere la bussola: negli Stati Uniti come in Europa.

"Occorrerà una revisione dell'attuale sistema nel segno del principio di proporzionalità e delle garanzie per i cittadini", ha concluso Soro.