Schermi piatti al capolinea, il futuro è di quelli elastici

Il prototipo realizzato al MIT unisce una superficie elastica con hardware e software realizzati ad hoc, per un'interazione tridimensionale del tutto innovativa.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Obake è il nome di un touchscreen elastico ideato al MIT Media Lab da Dhairya Dand and Rob Hemsley. Solo un prototipo per ora, per un oggetto che potrebbe cambiare, o meglio far evolvere, il modo in cui interagiamo con le macchine.

Il prototipo mette insieme attuatori, proiettori, videocamere e uno schermo di silicone (non è un errore di traduzione) per rendere "reali" i gesti che compiamo ogni giorno con smartphone e tablet. Un esempio? Il famoso pinch-to-zoom si può tramutare davvero in un pizzicare lo schermo, che va fisicamente afferrato e deformato con le mani per ottenere l'effetto desiderato.

Obake

I più attenti avranno capito che non si tratta di un vero e proprio schermo, non in senso tradizionale almeno, perché le immagini sono proiettate sulla superficie elastica. Manca, in altre parole, la parte di retroilluminazione e i cristalli liquidi.

Ma non per questo è meno interessante: questo sistema si potrebbe usare per esempio nella creazione di diorami 3D facili da realizzare e da modificare, e questa possibilità sarebbe utile tanto nella ricerca scientifica quanto nella scuola. Abbinato ai software giusti, poi, questo schermo elastico sarebbe un utile aiuto in tanti tipi di simulazione.

Non ci dispiacerebbe, in effetti, se un giorno gli studenti di ogni ordine e grado avessero a disposizione un sistema come questo per realizzare il classico vulcano, ma anche per diorami più impegnativi. Voi che cosa ci fareste?