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a cura di Tom's Hardware

lago di como
Su quel ramo del lago di Como ...

Certo, anche i Promessi Sposi lo fanno: trame di potenti, inganni, tradimenti, fughe, rapimenti, guerra, peste, colpi di scena, ma - e sia detto da uno che quel romanzo l'ha letto molte volte - capisco che un ragazzo di 15 anni possa scoraggiarsi dopo pagine e pagine di storia, descrizioni minuziose di luoghi e personaggi, e procedere a salti; ma ragazzi, non dimentichiamoci che era il 1821, e non è che il romanzo avesse una grande tradizione alle spalle; e poi, i lettori di allora non solo avevano un mucchio di tempo a disposizione, ma grazie alle lunghe descrizioni potevano anche viaggiare con la fantasia in luoghi e tempi che noi vediamo di persona o alla televisione o comunque sono stati ricostruiti da infiniti film. Ma la storia c'è, è innegabile, ed è questo il pregio del romanzo.

Purtroppo, c'è anche chi pensa che, se un libro racconta una vicenda coinvolgente e si legge facilmente, dev'essere per forza roba da poveracci, e che solo se annoia è ricco di contenuti. È un vezzo della critica e degli esperti in genere, quello di insistere sul difficile, sull'incomprensibile, come attributi imprescindibili dell'opera di genio. Il che può essere, intendiamoci, ma può trattarsi soltanto di provocazione, come l'artista che espose la sua popò spacciandola per opera d'arte - e che successo!

Ma qui arriviamo al nocciolo del problema, ineludibile: a chi spetta il diritto di decidere cosa è letteratura "alta" e cosa è roba di consumo, da sartine o coscritti innamorati?

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Ovviamente chi fa il critico di professione ritiene di avere dei criteri, se non infallibili, almeno indicativi di cosa sia una porcheria e cosa invece un capolavoro: lessico povero e usato con imperizia, sgrammaticature, anacoluti, personaggi privi di consistenza, vicende assurde, errori nel montaggio della storia, anacronismi, sono segni infallibili che ci troviamo davanti all'opera di un dilettante dotato di scarso talento.

Manzoni scatoletta us

Ma allora, come si spiegano le cantonate prese nel giudicare autori sicuramente capaci come Verga o Pirandello? Per non parlare dell'ostracismo inflitto a interi generi di narrativa come il giallo o la fantascienza, ascritti sbrigativamente alla narrativa di consumo.

Potremmo provare a buttarla sul lato delle intenzioni, distinguendo chi scrive perché in effetti ha qualcosa di importante da dire, e chi lo fa invece per denaro, ma se dovessimo eliminare tutti gli scrittori, e tutti gli artisti, che hanno creato capolavori su ordinazione, spinti dalla necessità, dovremmo eliminare anche il Mozart del Requiem, o gli infiniti geni che, ridotti alla bolletta, perseguitati dai creditori o dalle ex-mogli, svendevano il loro immenso talento per un piatto di lenticchie.

Più proficuo tentare una analisi interna alle opere: chi persegue come unico obiettivo il denaro o il successo di pubblico, usa un linguaggio non semplice, ma piuttosto banale, o viceversa enfatico e ampolloso, come nei romanzi d'appendice di fine Ottocento o in certi mediocri libretti d'opera, si adagia su stereotipi, traccia una linea netta fra belli-buoni e brutti-cattivi, e se non basta, tira fuori dal cilindro la collaudata triade sangue, lussuria e lacrime, ossia violenza esasperata, erotismo da quattro soldi e sentimentalismo dozzinale, che non tradisce mai.