Siete stati intercettati per il P2P?

Il Tribunale di Roma ha obbligato Telecom Italia a fornire ad una società discografica tedesca gli indirizzi IP di 3636 utenti italiani, colpevoli di file-sharing illegale.

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a cura di Dario D'Elia

Introduzione

Lo scorso marzo si è consumata una delle pagine più nere per i cosiddetti "Digital Rights" della comunità web italiana. La società discografica tedesca Peppermint Jam Records è riuscita a convincere il Tribunale di Roma ad emettere un'ordinanza che ha obbligato Telecom Italia a forniregli indirizzi IP degli utenti che si sono resi "colpevoli" della condivisione P2P di file protetti da copyright.

I "fraggati" sono 3636, un record praticamente. Mai in Italia erano stati individuati tutti insieme così tanti sharer, colpevoli secondo la casa discografica di aver scambiato su piattaforme come eMule o BitTorrent dai 20 ai 30 file illegali. A conferma di questo dato il lavoro della svizzera Logistep, specializzata nel tracking di utenti che condividono in P2P materiale abusivo. 

Di fatto l'operazione è una diretta conseguenza di un nuova direttiva europea che consente un vero e proprio IP enforcement. Insomma, sono aumentate le tutele per i danneggiati. I provider d'ora in poi, secondo l'avvocato Otto Mahlknecht, che per conto di Logistep-Peppermint ha seguito il caso, saranno obbligati a fornire i dati personali degli utenti accusati di violazione delle norme sul copyright. In passato i provider avevano il dovere di fornire ogni dato solo su richiesta delle pubbliche autorità e non soggetti privati  - come ora.

E per quanto riguarda la privacy? Secondo Mahlknecht sarebbe tutto regolare: gli utenti che condividono i propri file, autorizzerebbero in questo modo l'utilizzo altrui. Una volta verificato il file con software come quello di Logistep il più è fatto…