Silicon Valley contro Trump, sugli immigrati sta sbagliando!

Le società della Silicon Valley criticano la scelta di Trump di chiudere le frontiere ai cittadini di 7 paesi musulmani. Un'azione controproducente per le aziende.

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a cura di Dario D'Elia

Mentre Trump chiude le frontiere ai cittadini di 7 paesi a prevalenza musulmana, la Silicon Valley si ritrova da un giorno all'altro a vestire i panni di paladina dei diritti civili. Ieri pomeriggio fuori dal San Francisco International Airport c'era anche il co-fondatore di Google, Sergey Brin, a protestare per il blocco imposto ai residenti di Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. "Perché sono un rifugiato", ha dichiarato alla stampa, ricordando la sua nazionalità russa.

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In effetti quel bimbo di 5 anni che nel 1979 si trasferì con tutta la famiglia da Mosca ad Adelphi, nel Maryland, poté godere di un visto di ingresso (VISA) che oggi la Casa Bianca sembrerebbe voler regolamentare in maniera sempre più stringente. L'URSS del 1979 faceva paura agli Stati Uniti forse come il Medioriente di oggi, sebbene per motivi diversi, eppure lo spirito di accoglienza non era mai stato messo in discussione.

Secondo il fondatore di Netflix, Reed Hastings, le azioni di Trump "sono così non-americane che danneggiano tutti [...] ed è giunto il momento di fare cordone per proteggere i valori americani di libertà e opportunità".

"Opportunità" non è un termine usato a caso perché il sogno americano è uno dei tratti genetici di questo paese. Una speranza di miglioramento della propria condizione che ha fatto da motore alla conquista del West, cavalcato l'onda della rivoluzione industriale e favorito - con tutti i limiti di una società imperfetta - chi volesse intraprendere.

Se la rete ferroviaria è stata per lo più costruita dalla manovalanza immigrata, oggi il digitale si deve altrettanto alle eccellenze straniere. I cognomi della Silicon Valley non vengono dalla tradizione WASP (White Anglo Saxon Protestant) come i primi tycoon. Brian Chesky, AD di Airbnb, dice che bisogna stare dalla parte di chi è stato colpito da questa chiusura e quindi il colosso dello sharing offrirà appartamenti gratuiti ai rifugiati.

"Noi crediamo che si dovrebbe poter viaggiare e vivere in ogni comunità del mondo", ha dichiarato Chesky. "Se vogliamo che questo sia qualcosa di più di metterlo su una placca, dobbiamo agire. Quindi ecco un'azione che stiamo intraprendendo". Qui la toccante lettera spedita alla community.

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Il problema di fondo è che le società tecnologiche sono quelle che rischiano di più, poiché la maggioranza della forza lavoro proviene da fuori o comunque è di origine straniera. Il padre biologico di Steve Jobs era siriano, i bisnonni di Zuckerberg provenivano da Germania, Austria e Polonia, e si potrebbe proseguire per pagine a citare esempi eclatanti anche nello sport - Andre Agassi è di padre iraniano.

Trump nel suo ordine ha fatto scrivere che "l'ingresso dei cittadini della Siria come rifugiati è dannoso per gli interessi degli Stati Uniti". Persino Elon Musk di Tesla, che fa parte di due advisory committee della Casa Bianca, ha scritto che "non è il modo migliore per rispondere alle sfide del paese". Lui in effetti è sudafricano.

Aaron Levie, AD della società di data storage Box, ha sottolineato che questo blocco rischia di trasformarsi in un boomerang poiché quasi tutti i servizi e prodotti realizzati in Silicon Valley hanno una base clienti globale. "Queste decisioni di policy hanno reali implicazioni sui nostri partner, clienti e concorrenti", sostiene Levie.

A dicembre l'incontro tra Trump e i massimi esponenti della Silicon Valley sembrava essere andato bene. E per ora si registra solo cautela. Google si è detta preoccupata e creato un fondo da 4 milioni di dollari (iniziali) - di cui 2 donati dai dipendenti - per far fronte alla crisi dei migranti attraverso quattro organizzazioni che si occupano del problema, fra cui Unhcr.

Apple ha ammesso che non è una policy che sostiene. Amazon ha dichiarato di essere impegnata a sostenere la diversità. Oracle si è chiusa nel silenzio. Microsoft invece ha parlato di "danno collaterale alla reputazione e valori del paese. Un ordine "sbagliato e fondamentalmente un passo indietro".

Paradossalmente la decisione di Trump potrebbe favorire l'Europa. Le menti brillanti a cui la Silicon Valley potrebbe essere obbligata a rinunciare potrebbero trovare opportunità nel Vecchio Continente. Sempre che lo spirito trumpiano non ci invada. E non vengano costruite campagne populiste dove se dici sì all'immigrato mediorientale sei un facinoroso dei terroristi, se dici no un estremo difensore delle famiglie...