Social network pedofilo internazionale, con mente italiana

Una vasta operazione di Polizia ha portato alla chiusura di una rete internazionale dedita allo scambio di foto e film pedopornografici. 14 italiani coinvolti di cui il fondatore del social network pedofilo.

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a cura di Dario D'Elia

C'era un italiano dietro alla rete internazionale di pedopornografia online che ha scoperto il Nucleo interforze investigativo telematico (Nit) di Siracusa. Sarà bene ricordarlo, perché come ha più volte ribadito Telefono Arcobaleno bisogna davvero fare di più per questo incubo. A distanza di un anno dalle prime denunce giunte alla ONLUS, che dal 1987 si batte per la difesa dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ora le indagini sembrano essere giunte al termine.

Sono in corso perquisizioni in Italia (Lombardia, Lazio, Veneto, Valle d'Aosta, Friuli, Toscana, Sicilia e Puglia), Francia e Portogallo, mentre sono già state eseguite con ottimi risultati in Belgio e negli Stati Uniti, in Texas, California, Illinois, Washington, Missouri, Virginia e Ohio. Si parla di 14 italiani coinvolti, fra cui il creatore della rete residente a Milano, e altri 112 indagati. Le accuse sono gravissime: associazione per delinquere finalizzata alla produzione e diffusione di materiale pedopornografico.

Per comprendere la portata dell'operazione è sufficiente ricordare che sono state coinvolte le Procure di Firenze, il Nit e anche unità anti-crimine statunitensi. La dinamica delle indagini è stata complessa poiché il traffico dei materiali pedopornografici avveniva tramite uno speciale social network creato ad hoc dall'organizzazione. Qualcosa di davvero raccapricciante che prevedeva persino modalità di iscrizione con generalità personali, account di posta elettronica e liberatoria con tanto di documento di identità. Insomma, come se si trattasse di un comune servizio dove ci si prende ogni responsabilità per il traffico generato.

Dopodiché si aprivano le porte dell'Inferno, con foto e video di bambini fino a 11 anni - anche neonati. Questa la cruda realtà che frequentavano quotidianamente i 700 utenti sparsi in tutto il mondo, anche in paesi come Arabia Saudita, Messico, Cile, Argentina, Qatar e Israele. Ma la cupola era italiana e il reclutamento di nuovi adepti proseguiva di pari passo con quello dei materiali - spesso auto-prodotti. 

E così migliaia di foto e centinaia di video venivano condivisi, spediti, forse anche commentati sfruttando una serie di server situati in Texas. Il tribunale di San Diego (California), in collaborazione con il Nit e la Procura di Firenze, ha ordinato una prima serie di perquisizioni che hanno portato alla luce una serie di dati chiave per mettere nel sacco il network internazionale. Dopodiché è partita la retata, forte anche dell'individuazione di ogni singolo indirizzo IP usato dagli utenti.

Non sarà il disgusto a fermare i pedofili online (e offline) bensì leggi e controlli, nonché i riflettori dei media. In Italia la questione è ancora più delicata poiché secondo i dati di Telefono Azzurro, in barba ai benpensanti, il 60% delle violenze si concentrano in famiglia. I mostri si chiamano per lo più padri, cugini, zii... fa male, ma è la realtà. Dietro a una foto o un video c'è sempre una storia di violenza.