Stagno e grafene per batterie con elettrodi migliori

I ricercatori del Berkeley Lab hanno creato un elettrodo di stagno avvalendosi del grafene come materiale di rinforzo. Potrebbe essere la base per batterie migliori, capaci di lavorare in modo più efficiente.

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a cura di Manolo De Agostini

I ricercatori del Lawrence Berkeley National Laboratory hanno realizzato elettrodi di stagno, avvalendosi di strati di grafene per proteggerne l'implicita fragilità. "Questi elettrodi allo stagno sono il segno che sono stati fatti grandi progressi nell'uso delle strutture in nanoscala per migliorare le batterie", scrive il sito Technology Review.

Elettrodi basati su stagno o silicio possono aumentare la capacità di una batteria di archiviare energia. Questi materiali possono infatti stoccare più litio rispetto al carbonio durante l'operazione di carica e scarica.

Silicio e stagno tendono a essere instabili fungendo da elettrodi. Durante la carica lo stagno "raccoglie" tanto litio che si espande di un volume 2/3 volte di quello originario. "Questo crea rotture e lo stagno si disperde nell'elettrolita", ha dichiarato il ricercatore Yuegang Zhang.

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Zhang ha trovato una soluzione. Inserire lo strato di stagno tra due di grafene. Il materiale, altamente conduttivo, è flessibile e molto resistente. L'elettrodo stagno-grafene consiste di due strati di nano-colonne (nanopillar) inserite tra tre fogli di grafene. 

Le colonne aiutano l'elettrodo a rimanere stabile: durante la carica anziché fratturarsi, lo stagno si espande e contrae. Lo spazio tra le colonne permette all'elettrolita della batteria di muoversi, assicurando un'elevata velocità di carica.

"Una pellicola sottile di stagno viene depositata sul grafene. Poi un altro foglio di grafene è posto sopra la pellicola di stagno. Il processo è ripetuto e il materiale composito viene poi riscaldato - a 300? in un ambiente composto da idrogeno e argon - per trasformare la pellicola di stagno in una serie di colonne. Il cambiamento in altezza tra strati di grafene migliora le prestazioni dell'elettrodo e permette alla batteria di essere caricata ripetutamente e rapidamente senza che le prestazioni si degradino".

Il gruppo di Zhang ha realizzato un prototipo di batteria dotata di questi elettrodi, in grado di caricarsi in 10 minuti e immagazzinare 700 milliampere/ora per grammo di carica. Questa capacità di stoccaggio si mantiene per 30 cicli di carica, il che significa che c'è del lavoro da fare per raggiungere gli standard di mercato. 

"Le prestazioni che hanno sono alquanto ragionevoli e lo studio ha un'applicazione abbastanza chiara nelle batterie esistenti", ha dichiarato Yi Cui, professore della Stanford University, non coinvolto nel progetto ma competente in materia.

A sinistra Yuegang Zhang, a capo dello studio e a destra Vincent Battaglia, program manager della divisione sulle tecnologie energetiche e ambientali dell'Università di Berkeley

Lo stesso Cui lavora infatti su batterie che integrano strutture in nanoscala. Cui ha fondato un'azienda chiamata Amprius che ha l'obiettivo di portare sul mercato un anodo basato su nanofili al silicio. La nanostruttura di questi fili aiuta il materiale fragile a rimanere stabile quando raccoglie e rilascia litio. Pochi giorni fa vi abbiamo parlato anche della ricerca del professore Pulickel Ajayan della Rice University, un altro esempio di strutture in nanoscala nelle batterie (Basta un nanofilo per una batteria agli ioni di litio).

Insomma il mondo accademico brulica di progetti e probabilmente uno di questi sarà alla base dei prodotti dei prossimi anni. Secondo i ricercatori integrare strutture in nanoscala nelle batterie potrebbe far lievitare i costi di produzione (anche se non è chiaro di quanto, NdR), ma il vantaggio per le prestazioni sarebbe tale da compensare il maggiore esborso.