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a cura di Redazione Diritto dell’Informatica

Tutti in Italia avranno sentito parlare, negli ultimi due anni, di smart working, lavoro agile, lavoro da casa, lavoro da remoto, in maniera quasi interscambiabile fra questi termini. Ma quanti possono dire di padroneggiare l’argomento? Proviamo a capirne di più.

Smart Working e lavoro da remoto sono la stessa cosa?

Innanzitutto, occorre partire dai termini: smart working, lavoro agile, da casa e da remoto non indicano la stessa cosa. Quando si fa riferimento alla tipologia di lavoro che molti hanno sperimentato durante la pandemia da Covid-19, ossia a quello svolto in parte nella sede dell’azienda, in parte a casa, la legge parla solo di lavoro agile. Il lavoro agile è parte del concetto, più ampio, di smart working, inteso come filosofia manageriale e di gestione organizzativa del lavoro in senso ampio, in cui si mettono al centro la tecnologia, un maggiore benessere del lavoratore (gestione più autonoma degli orari, riduzione della percorrenza casa-lavoro), addirittura fino a ripensare le idee di città mettendo al centro una diversa mobilità e la condivisione degli spazi di lavoro. Il lavoro da casa e da remoto sono parti del concetto di lavoro agile, che può essere svolto da casa, da remoto, o in qualsiasi altro luogo le parti stabiliscano.

Ti invitiamo a visionare il video qui riportato su come essere a norma in azienda facendo smart working.

https://www.youtube.com/watch?v=XDO-B6Iyagc

Come nasce lo Smart Working

Il lavoro da casa e il lavoro da remoto hanno origini risalenti nel tempo: il “lavoratore a domicilio” compare in una apposita legge del 1958, mentre il telelavoro viene istituito nel 2004 dalle principali associazioni di rappresentanza dei lavoratori e sindacati, recependo l’Accordo quadro europeo del 2002. Queste due tipologie di lavoro hanno una caratteristica in comune con il lavoro agile: la distanza del luogo di svolgimento della prestazione lavorativa. A differenza del lavoro a domicilio e del telelavoro, però, il lavoro agile è svolto solo in parte all’esterno dei locali aziendali.

Pregi e difetti dello Smart Working

Il lavoro agile è stato introdotto con la legge n. 81 del 2017, con due obiettivi: “agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” ed “incrementare la competitività”. Come si è detto in precedenza, il lavoro agile è parzialmente svolto all’esterno della sede di lavoro aziendale; altra caratteristica è l’assenza di precisi vincoli di orario, che possono essere meno stringenti pur restando nella cornice della durata massima della giornata e della settimana lavorativa. La legge del 2017 aveva previsto, per l’attivazione della modalità di lavoro agile, un accordo individuale scritto fra le parti. Questo è stato fra i motivi dello scarso utilizzo negli anni immediatamente successivi alla sua instaurazione: un altro, e più intuitivo, motivo risiede nella difficoltà di adeguare questa modalità a tutte le prestazioni lavorative. Difatti, il lavoro agile è stato utilizzato, fino al 2020, solo per alcune figure professionali, dotate di particolare autonomia gestionale.

Per approfondire i problemi giuridici e gli effetti dello smart working segnaliamo la lettura di questo articolo

Lavoro agile di emergenza a causa del COVID-19

Ciò che ha completamente ribaltato la visione del lavoro agile è stata la pandemia da Covid-19: l’impossibilità di recarsi fisicamente nel luogo di lavoro, ha imposto al legislatore di individuare uno strumento che consentisse comunque di far lavorare milioni di persone per garantire la business continuity. Questo strumento è stato trovato, sin dai primi giorni di lockdown, proprio nel lavoro agile, per come disciplinato negli articoli da 18 a 24 della legge 81/2017: a milioni di persone è stato pertanto offerta la possibilità di lavorare con questa modalità dall’oggi al domani, con l’evidente difficoltà di utilizzare uno strumento legislativo fino ad allora poco noto, di scarsa applicazione e ritagliato su certi tipi di figure e non per interi comparti del settore industriale e dei servizi (la Relazione finale del gruppo di studio sul lavoro agile del Ministero del Lavoro, del dicembre 2021, ha stimato la platea di utilizzatori del lavoro agile durante la pandemia in 5/8 milioni di soggetti).

Cosa è cambiato nello Smart Working con il COVID-19?

Il primo problema da affrontare è stato quello legato alle rigidità previste per il lavoro agile: per questo, a marzo 2020 si è introdotta la possibilità che il lavoro agile potesse applicarsi a tutti i rapporti di lavoro subordinato, modificando la comunicazione del lavoro agile senza prevedere un accordo scritto tra le parti e prevedendo che il datore di lavoro comunicasse semplicemente su una piattaforma creata ad hoc sul sito del Ministero del Lavoro: il numero di dipendenti in modalità di lavoro agile, il tipo di accordo (se, cioè, a tempo determinato o indeterminato) e la sua durata. Inoltre, questa facoltà è diventato un diritto per alcune categorie di lavoratori, come i lavoratori fragili, i genitori con a carico almeno un minore di 14 anni (se nello stesso nucleo familiare non vi fosse un altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione di attività lavorativa, o altro genitore non lavoratore), i genitori con un figlio in condizioni di disabilità grave ai sensi della legge 104/1992. Queste, è importante ribadirlo, sono state deroghe alla disciplina “normale” del lavoro agile per come prevista nel 2017; tali deroghe sono state prorogate diverse volte, con la motivazione del perdurare dello stato di emergenza sanitario dovuto alla pandemia da Covid-19.

Fine dello stato di emergenza = basta Smart Working? Da quando?

È recentissima la notizia della fine – legislativa – dello stato di emergenza, fissato al 31 marzo: si immaginava che con questa fine sarebbe terminata anche la disciplina di favore che aveva garantito a tanti lavoratori di utilizzare la modalità di lavoro agile, ma così non è stato. Il Decreto-legge n. 24 del 24 marzo 2022, ha certificato un’ulteriore proroga per il lavoro agile per i lavoratori fino al 30 giugno 2022, con il risultato che la stipula dell’accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro sarà obbligatoria a partire dal 1° luglio.

In previsione della scadenza del 31 marzo, si è cercata una modalità che recuperasse alcuni aspetti, valutati in modo positivo, del lavoro agile: le associazioni di categoria, i sindacati ed il Governo hanno siglato, nel dicembre 2021, un Protocollo Nazionale sul lavoro agile, promosso dal Ministero del Lavoro, che ha come obiettivo una maggiore implementazione della modalità di lavoro agile. Il Protocollo suggerisce di mantenere la possibilità di lavorare in modalità agile, ma sotto una maggiore regolazione dei contratti collettivi e di accordi individuali. Ai privati si chiede, in questi ultimi accordi, di affrontare le questioni della adesione volontaria, dell’accordo individuale, della tutela contro gli infortuni e le malattie professionali, della parità di trattamento, dei luoghi e degli strumenti di lavoro, nonché del diritto alla disconnessione.

Il Ministero del Lavoro ha poi emanato, il 4 aprile 2022, il Decreto Ministeriale n. 57, il quale ha istituito presso lo stesso Ministero, l’Osservatorio nazionale bilaterale in materia di lavoro agile, che tra i suoi compiti avrà quello di verificare i risultati raggiungi attraverso il lavoro agile, lo sviluppo della contrattazione collettiva sul lavoro agile, il controllo delle linee di indirizzo indicate nel Protocollo nazionale del dicembre 2021.

Se sei una pubblica amministrazione rimani aggiornato con la lettura di questo articolo relativo alle recenti linee guida su Smart Working e PA

Gli incredibili pregi dello Smart Working

La proroga al 30 giugno per il lavoro agile, può avere anche un’altra motivazione: la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha nei giorni scorsi approvato un Testo base del disegno di legge sulla riforma del lavoro agile, che prevede anch’esso un maggiore utilizzo dei contratti collettivi nella definizione di cosa sia lavoro agile (che, per essere chiamato tale, necessita di almeno il 30% dello svolgimento svolto in questa modalità), nonché di incentivi per il suo utilizzo (uno sconto dell’1% sulle assicurazioni INAIL). Si potrebbe leggere così l’ultima proroga concessa a questo regime di favore: dare il tempo necessario al Parlamento di approvare un testo di modifica del lavoro agile che sia razionalizzato e definitivo, che recuperi quanto di positivo l’esperienza accumulata su questa modalità di lavoro ha insegnato, e che ne limiti le criticità.

Cosa dovranno fare le aziende?

Dal 1° luglio 2022, in ogni caso, i contratti individuali per il lavoro agile torneranno ad essere necessari tra datore di lavoro e lavoratore. Questi dovranno prevedere, secondo quanto definito dal summenzionato Protocollo: quali comportamenti, da parte del lavoratore, possono dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari (oltre, ad indicare quali sanzioni saranno previste); quali luoghi di lavoro sono ritenuti idonei allo svolgimento dell’esecuzione delle prestazioni lavorative; quale sarà l’orario di lavoro, con annessi periodi di riposo e di disconnessione; come saranno svolti i controlli da parte del datore di lavoro, nel rispetto di quanto previsto sia dalla normativa sulla privacy che dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori; quali strumenti di lavoro devono essere forniti al lavoratore per svolgere la propria opera.

Per un altro articolo in tema di Smart Working specifico sull’accordo individuale con il lavoratore consigliamo la lettura di questo articolo

In conclusione, la disciplina sul lavoro agile, o se si preferisce smart working, impone un adattamento costante alle imprese: nell’incertezza, la soluzione migliore è quella di affidarsi alle competenze degli esperti. Puoi rivolgerti al nostro Studio Legale Partner FCLEX, nella persona dell’Avvocato Giuseppe Croari, da anni accompagna le aziende nella gestione contrattuale e dei rapporti col personale.