TAR: gli aumenti del canone di unbundling sono giusti

Il TAR del Lazio ha bocciato i ricorsi di Fastweb, Eutelia e Wind inerenti l'aumento del canone di unbundling stabilito da AGCOM nel 2010. La questione di fondo è che l'Authority ha operato nel pieno rispetto delle regole e dei criteri stabiliti.

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a cura di Dario D'Elia

Fastweb, Eutelia e Wind hanno perso il ricorso presentato al TAR del Lazio per gli aumenti del canone sull'unbundling deciso dall'AGCOM. La vicenda risale al 2010, quando l'Authority delle TLC decide di aumentare il prezzo all'ingrosso che gli operatori pagano a Telecom Italia per accedere all'ultimo miglio della sua rete.

La delibera prevedeva per il periodo maggio 2010 / dicembre 2012 un canone progressivo di 8,70 euro (fino al maggio 2010), 9,26 euro (fino a gennaio 2011) e 9,67 euro (fino a gennaio 2012). "I valori delle nuove tariffe tengono conto delle osservazioni della Commissione europea ricevute il 21 ottobre", si leggeva nel comunicato AGCOM. In ogni caso gli aumenti futuri "saranno soggetti a una puntuale verifica dell'AGCOM nel caso di miglioramento di alcuni indicatori di qualità della rete".

TAR del Lazio

Di fatto gli operatori contestano all'AGCOM almeno tre punti: il fatto che non siano stati stabiliti obblighi per favorire l'accesso alla rete in fibra di Telecom, i discutibili criteri per decidere i canoni wholesale line rental e bitstream, infine l'impossibilità (presunta) di replicare l'offerta al dettaglio di Telecom con margini di profitto adeguati.

Il TAR del Lazio però ha confermato la stessa linea tenuta nel dicembre scorso quando vennero rigettati i ricorsi dell'Aiip, Vodadone e Tiscali. "L'attività che caratterizza l'adozione delle delibere in discussione è permeata da un elevatissimo grado di discrezionalità tecnica, il cui sindacato giurisdizionale deve essere svolto per verificare l'attendibilità delle valutazioni compiute rispetto alla correttezza dei criteri utilizzati e applicati, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche proprie del settore di interesse, potendo il giudice amministrativo censurare la sola valutazione che si pone al di fuori dell'ambito di opinabilità, poiché altrimenti all'apprezzamento opinabile dell'amministrazione sostituirebbe quello proprio e altrettanto opinabile", si legge nella sentenza.

In pratica la decisione dell'AGCOM "non può considerarsi illogica né minata da contraddizione intrinseca [...] in quanto il sistema prescelto mira, in sostanza, ad applicare l'orientamento ai costi in maniera progressiva, mantenendo fermo il dato di partenza originario, e comunque, ancora valido per il 2010, costituito, per l'accesso ai servizi in questione, dal sistema di retail minus praticato ancora nel 2009 e che prevedeva una valutazione mista, che teneva conto cioè del prezzo del servizio richiesto da Telecom Italia, depurato dei costi non pertinenti, quali quelli di commercializzazione dell'offerta, di gestione del cliente e delle infrastrutture di rete non utilizzate".

Il TAR praticamente può decidere solo sulla correttezza delle scelte dell'Authority e non nel merito. Il pieno rispetto della normativa vigente e dei criteri utilizzati (e applicati) non può che obbligare il tribunale a respingere i ricorsi degli operatori.