Telecom dice sempre no, sulla fibra non si discute

L'AD Franco Bernabè ha rispedito al mittente la proposta di società pubblico-privato per la fibra. Sulle aree a media e bassa remunerazione si possono aprire spiragli ma solo se si parla di infrastrutture passive.

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a cura di Dario D'Elia

Telecom ha ribadito un no secco all'ipotesi di una società misto pubblico-privato per la rete in fibra. Ieri durante l'audizione alla IX Commissione della Camera, riguardante i piani industriali dell'azienda, l'AD Franco Bernabè ha infatti bocciato la proposta del presidente Antitrust Antonio Catricalà.

Telecom Italia

Secondo il dirigente Telecom sarebbe "in contrasto con primari valori costituzionali, quali la libertà di iniziativa economica e il diritto di proprietà privata garantiti dagli articoli 41-42 della Costituzione", praticamente "[…] una forma di neodirigismo economico che il nostro ordinamento ha conosciuto fino alla fine degli anni ottanta, in un regime nel quale l'iniziativa economica dei privati era surrogata dalla volontà politica e dall'azione pubblica".

La disponibilità dell'ex-monopolista è massima solo nelle aree a media (grigie) e bassa remunerazione (nere): va bene il co-investimento "purché limitato alle sole infrastrutture passive che lascino in capo ai singoli soggetti l'installazione e l'esercizio delle componenti attive della rete".

Per Bernabè non è realistica la dismissione della rete in rame in tempi rapidi. Un passaggio troppo rapido alla fibra comporterebbe a una consistente contrazione della forza lavoro (dovuta alla riduzione delle centrali da 10.400 a 2mila), nonché al deprezzamento del rame stesso e di conseguenza a una riduzione degli introiti – fondamentali per gli investimenti futuri e quindi lo sviluppo.

La teoria di Bernabè è una specie di giochino logico apparentemente inattaccabile. Se si parla di dismissione ecco che tira in ballo i lavoratori. Se si parla di sviluppo del paese spunta la Costituzione e il bene che ha sempre fatto Telecom. Se si parla dei suoi debiti… beh no, di quello si parla raramente. A proposito, al 30 giugno 2010 era di 39.932 milioni di euro (poco meno di 40 miliardi).

Come uscire allora dall'impasse? A suo parere ci vorrebbe una bella regolamentazione che assicuri "una remunerazione equa e ragionevole per la rete di accesso legacy, determinata sulla base del suo valore corrente attraverso la metodologia dei costi incrementali, già ampiamente diffusa nei principali paesi dell'UE e definita da AGCOM su espressa indicazione della Commissione europea".

Ora è tutto chiaro, ma lo era anche prima caro Bernabé. Vuoi uno sviluppo della rete in fibra in Italia "a la carte".

E dire che nel Regno Unito il Garante delle Comunicazioni (OFCOM) ha imposto all'ex monopolista British Telecom di condividere il suo network in fibra con gli altri provider... per di più con tariffe di accesso compatibili con le esigenze di sviluppo del paese.

Quella che ci separa non è la Manica, ma anni di (in)civiltà industriale.