Telecom investe in fibra, un ghiacciolo nel vulcano

Franco Bernabé, AD di Telecom Italia, ha confermato un investimento annuo di 900 milioni di euro sugli accessi in rame e fibra. Rispetto al triennio precedente l'asticella si alza di soli 250 milioni di euro.

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a cura di Dario D'Elia

Telecom Italia è pronta a investire di più sulla fibra ottica e rame: 900 milioni di euro all'anno fino al 2012. Franco Bernabé, AD dell'azienda, ha promesso un impegno economico superiore rispetto al triennio passato; in pratica dai 2,451 miliardi di euro si arriverà ai 2,7 miliardi di euro.

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Le fanfare del marketing hanno strombazzato un investimento complessivo di 7 miliardi di euro per la rete e l'aggiornamento IT, ma come ben sanno gli esperti voler "migliorare la qualità dei servizi offerti" vuol dire tutto e niente.

"Tali investimenti rappresentano circa il 14,5% dei ricavi, percentuale ben più elevata di quella registrata dai principali operatori storici europei. In particolare, Telecom Italia investirà 2,65 miliardi di euro sul segmento dell'accesso di rete fissa tra rame e fibra, con un incremento della spesa annua che passerà dagli 817 milioni di euro del 2009 ai circa 900 milioni di euro del 2012", ha dichiarato Bernabé.

"Il piano prevede, inoltre, un miglioramento della qualità dei servizi offerti e, in particolare, una riduzione del tasso di guastabilità, sia per la fonia e sia per il broadband, indici monitorati da Agcom in base agli impegni sottoscritti da Telecom Italia"

L'Autorità delle Telecomunicazioni si è espressa positivamente, anche se l'ombra dello scandalo Telecom Italia Sparkle incombe sui bilanci: già accantonati infatti 507 milioni di euro nel fondo rischi.

È evidente a questo punto che tirando in ballo gli indici di "guastabilità" siano in progetto tagli del personale. "Il problema dell'efficienza è in continua evoluzione, abbiamo una trattativa aperta con il sindacato, apriremo dei tavoli", ha dichiarato Franco Bernabé.
Gli esperti hanno sempre sostenuto che il passaggio dal rame alla fibra avrebbe avuto durissimi effetti collaterali sulla forza lavoro: gli indici di rottura infatti cambiano drasticamente, e in positivo per l'utenza – ma non per i dipendenti dell'azienda che si occupano di manutenzione.