Telecom Italia difende il monopolio con fanti e cavalleria

L'emendamento che porterebbe il libero mercato nella manutenzione delle reti in unbundling è osteggiato da Telecom Italia, ASATI e la CGIL. L'ex monopolista rischia di perdere entrate sicure e di dover tagliare forza lavoro.

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a cura di Dario D'Elia

Telecom Italia ha scatenato la cavalleria per non perdere la gestione della manutenzione delle reti in unbundling e il servizio di attivazione. L'approvazione dell'emendamento leghista che di fatto aprirebbe il mercato alla concorrenza ha fatto suonare i campanelli in AGCOM, ASATI (Associazione piccoli azioni Telecom), CGIL e forse in qualche ufficio dei lobbysti di Bruxelles.

Nell'emendamento si legge che Telecom Italia sarà obbligata a "indicare separatamente il costo della prestazione dell'affitto della linea ed il costo delle attività accessorie quali il servizio di attivazione della linea stessa ed il servizio di manutenzione correttiva" per garantire "agli operatori richiedenti di poter acquisire tali servizi da imprese terze di comprovata esperienza che operano sotto la vigilanza dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni in un regime di concorrenza".

Telecom schiera i pezzi

L'ex monopolista, secondo le stime, si troverebbe così a rinunciare a un'entrata sicura che oggi ammonta a quasi il 30% dei canoni all'ingrosso. Senza contare le conseguenze sulla forza lavoro. "Per il sindacato, in un momento nel quale l'occupazione deve rappresentare la priorità per tutte le forze politiche e sociali, non sono accettabili modifiche normative che mettono in pericolo migliaia di posti di lavoro. Slc pertanto invita le forze politiche ed il governo a non approvare il testo dell'emendamento a firma degli Onorevoli Romani e Saglia", sostiene il sindacato. 

Della stessa opinione ASATI, che ha snocciolato rischi di incostituzionalità (art. 42 della Costituzione), contrasti con la normativa Europea del settembre 2005 e con la regolamentazione AGCOM (delibera 518/10/cons). In verità le difese sembrano piuttosto pretestuose anche perché è stata la stessa Unione Europea a sollevare il problema dei costi di manutenzione, l'anno scorso. La Commissione UE comunque ha già fatto sapere che esaminerà il testo e attiverà al più presto una collaborazione con le autorità italiane.

In AGCOM pare che il presidente Corrado Calabrò si sia già attivato per segnalare al Ministro dello Sviluppo Corrado Passera la delicatezza del caso. Secondo l'Istituto Bruno Leoni l'emendamento potrebbe essere un buon inizio per intervenire sull'anomalia Telecom Italia, che altera la concorrenza su almeno due versanti:

  • quello dei costi, perché l'impossibilità di contrattare direttamente con gli appaltatori impone agli operatori alternativi esborsi eccessivi rispetto ai servizi ricevuti, garantendo per altro verso a Telecom - che si assicura un aggio sulla transazione - introiti altrimenti ingiustificati;
  • quello della qualità complessiva del servizio, che pure viene a dipendere dalle determinazioni unilaterali dell'incumbent. Pur senza ipotizzare con qualche malizia che nella relazione tra Telecom e le imprese incaricate si celi la possibilità di abusi, ad esempio in tema di priorità degli interventi, balza agli occhi come una simile struttura di mercato sottragga alla concorrenza aspetti fondamentali del servizio, quali i tempi di attivazione e di riparazione dei guasti. Si tratta, peraltro, di quegli elementi che maggiormente vengono apprezzati dalla clientela più pregiata: imprese e pubbliche amministrazioni.

Aggiornamento. L'Associazione europea degli operatori di telecomunicazioni (Etno) ha inviato oggi una denuncia al Commissario europeo responsabile del settore, Neelie Kroes, sostenendo l'incompatibilità dell'emendamento poiché metterebbe a rischio l'indipendenza dell' Autorità nazionale di regolazione (Agcom) e non rispetta le competenze assegnate dalla normativa europea in materia di imposizione di obblighi sui servizi regolati di accesso alla rete.