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a cura di Elena Re Garbagnati

NASA, Europa e Giappone sono in prima linea nella caccia agli asteroidi. La missione giapponese entrerà nel vivo domani, per quella congiunta statunitense ed europea si dovrà attendere il 2022. Oggetto di indagine sono le due facce della medaglia di questi "sassi" spaziali: da una parte la minaccia che costituiscono per la Terra, dall'altra le potenziali risorse che trasportano.

In entrambi i casi a tenere banco saranno missioni spettacolari e al limite dell'incredibile, che hanno le carte in regola per appassionare il pubblico terrestre nonostante la distanza che ci separa dagli eventi.

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Partiamo da domani: pochi ricorderanno che l'agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha lanciato nel 2014 la navicella spaziale Hayabusa2, sulla rotta per intercettare l'asteroide Ryugu, che in questo momento si trova a circa 290 milioni di chilometri dalla Terra. Avvicinandosi ha scattato molte foto dell'obiettivo: ne conosciamo la forma, la presenza di crateri e picchi, e il fatto che l'asteroide ruoti perpendicolare alla sua orbita ogni 7,5 ore.

La notizia è che Hayabusa2 dovrebbe arrivare a Ryugu mercoledì 27 giugno, e la sua missione comporterà una prima fase in cui entrerà in orbita attorno a Ryugu e ne analizzerà la superficie, quindi eseguirà misurazioni con l'ausilio dei 3 rover Minerva e di un lander, che preleveranno campioni della superficie e li trasporteranno sulla Terra per analizzarli su scala microscopica. A chi ha seguito la missione ESA Rosetta alcune parti sembreranno un déjà-vu e in effetti lo è nella parte iniziale. A differenza di Rosetta però Hayabusa2 (sempre che tutto vada secondo programma) raccoglierà campioni dal cratere che avrà generato e li trasporterà sulla Terra in una speciale capsula, che dovrebbe giungere a destinazione verso la fine del 2020.  

L'analisi dei campioni dovrebbe svelare la composizione degli asteroidi, e ricordiamo che sono in molti ad essere interessati all'apertura di aziende per lo sfruttamento e la commercializzazione delle risorse spaziali, non ultimo quello che coinvolge il Lussemburgo.

La sonda Rosetta   ricostruzione grafica Crediti ESA

La sonda Rosetta - ricostruzione grafica. Crediti: ESA

Più che la potenziale ricchezza, ad attirare l'attenzione popolare sugli asteroidi sovente è la minaccia che costituiscono. Che gli asteroidi siano un potenziale pericolo per la Terra è chiaro da tempo, e quanto ci ha mostrato la finzione holliwoodiana di Armageddon è solo una delle tante opzioni che abbiamo per cercare di difenderci. Nella realtà di proposte per salvare la Terra da questa minaccia cosmica ce ne sono state tante negli anni, dal bersagliarli con le bombe atomiche o proiettili iperveloci, fino a deviarne la rotta con impatti di vario genere.

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Missione NASA DART. Crediti: NASA

A volte i progetti restano sulla carta, altre si passa dalle parole ai fatti, ed è quello che sta accadendo per il progetto DART (Double Asteroid Redirection Test) della NASA. L'obiettivo di DART è quello di verificare sul campo la fattibilità dell'idea di deviare lontano dalla Terra la rotta di asteroidi potenzialmente pericolosi, in modo da scongiurare sia eventi come quello occorso a Tunguska, sia catastrofi planetarie. Come scrive giustamente David Szondy di New Atlas, l'idea è interessante ma la sua fattibilità è tutt'altra cosa, perché sarebbe come insegnare a qualcuno a suonare il flauto dicendogli solo di soffiare aria da una estremità e far scorrere le dita su e giù per i buchi. Se si pensa di deviare un asteroide, oltre a fargli "sbattere" contro qualcosa di abbastanza grosso e massiccio bisogna tenere in considerazione i parametri orbitali, la distanza, la velocità, la composizione e la forma dell'asteroide stesso. Senza parlare del fatto che nessuno finora ha mai provato a "spostare" un oggetto celeste.

Hera mission timeline Copy ESA

Timeline della missione ESA Hera - Crediti: ESA

È qui che entra in gioco DART, una missione ovviamente senza equipaggio, che si dirigerà verso il sistema binario di asteroidi Didymos, che consiste in un corpo principale di 780 metri di larghezza informalmente noto come "Didymain", accompagnato da una luna di 160 metri chiamata "Didymoon". Il piano è che nel 2022 DART si schianti contro Didymoon a circa 21.600 km/h. Si auspica che l'impatto sia tale da spostare l'orbita dell'asteroide più piccolo di una frazione di grado.

Da Terra (a una distanza di 11 milioni di km) l'impatto sarà monitorato, così come l'auspicata "deviazione di rotta" dell'asteroide, ma ci perderemmo la parte saliente dell'esperimento, ossia l'impatto. Per questo serve l'Europa, con la missione Hera, che tanto per cambiare farà tesoro di quanto appreso con ESA Rosetta.  

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Hera, Crediti: ESA - ScienceOffice.org

Hera consiste in una navicella spaziale da 800 Kg e con le dimensioni di una scrivania, è alimentata con pannelli a energia solare. Prenderà il volo a novembre 2023 ed entrerà in orbita attorno a Didymos nel dicembre 2026. Il suo equipaggiamento include un imager ad alta risoluzione, uno spettroscopio, un sistema di mappatura laser ed esperimenti radio che nel complesso gli consentiranno di generare una mappa dettagliata dell'asteroide più piccolo, della sua struttura interna e del cratere di una decina di metri che si stima verrà generato dall'impatto con DART. Non solo: una volta raggiunto l'obiettivo Hera schiererà una coppia di mini-satelliti (Cube Sat) che percorreranno orbite più vicine e più rischiose intorno agli asteroidi per osservazioni più ravvicinate.

Cosa ne dite, ce n'è abbastanza per un colossal fantascientifico? Se volete iniziare a scrivere la sceneggiatura seguiteci, vi terremo aggiornati!


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